Attualità

CENTRODESTRA AL BIVIO. Pdl, la resa dei conti prima della decadenza

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 7 novembre 2013

«La convocazione anticipata? È un atto ostile, un gesto folle dei lealisti, una dichiarazione di guerra che rischia di lacerare definitivamente il nostro partito mentre il Paese e l’Europa attendono che il Parlamento vari la legge di stabilità...». È un parlamentare dell’ala "governativa" del Pdl a fornire, solo in serata e rigorosamente off the record, una cruda sintesi del possibile scenario aperto dalla decisione del Cavaliere di anticipare al 16 novembre il Consiglio nazionale del Pdl (inizialmente previsto per l’8 dicembre, in concomitanza con le primarie del Pd), che ora rischia di far esplodere il redde rationem che da mesi cova nel ventre del partito, agitato soprattutto dallo spettro della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore.La mossa era nell’aria da martedì, ma la decisione il Cavaliere l’ha presa ieri pomeriggio, al termine di un lungo incontro con l’ala "lealista", guidata da Raffaele Fitto. E alle 19 l’ha comunicata al partito, apponendo la propria firma in calce alla convocazione e scegliendo una data non a caso antecedente quella del voto sulla decadenza in Senato, per ora ipotizzata a fine mese (mercoledì 27).

Uno spettro che angoscia il Cavaliere e i suoi fedelissimi. Ieri è iniziato il cannoneggiamento a Palazzo Madama, in una riunione di fuoco del Consiglio di presidenza, presieduto da Pietro Grasso: durante la seduta dell’organismo (che rappresenta tutti i gruppi parlamentari) è scoppiata la bagarre. Il Pdl ha chiesto di invalidare la decisione della giunta per le elezioni sulla decadenza (da ritenere «non valida» perché «il 5 Stelle Vito Crimi e altri hanno pubblicato messaggi on line nel corso di una seduta che doveva essere segreta»). Ma Grasso si è opposto e il Pdl si è infuriato, chiedendo il rinvio del voto in Aula. «Grasso non è imparziale, è un vulnus inacettabile», protesta la senatrice Elisabetta Casellati. Nel frattempo, però, da Palazzo Grazioli sono partite le 800 lettere indirizzate ai membri del Consiglio pidiellino (parlamentari, coordinatori nazionali e locali, membri di governo e amministratori locali): 16 novembre, ore 10, Palazzo dei Congressi di Roma, ordine del giorno con «apertura dei lavori con la relazione del presidente Berlusconi» e «adempimenti conseguenti».

Formalmente, il Consiglio dovrebbe affrontare il tema della travagliata transizione dal Pdl a Forza Italia, avviata il 25 ottobre a Palazzo Grazioli al termine di un Ufficio di presidenza, al quale però non aveva partecipato la "cabina di regia" dell’ala governativa: il segretario e vicepremier Angelino Alfano e gli altri quattro ministri, Gaetano Quagliariello, Nunzia De Girolamo, Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin. Quel giorno i "lealisti" avevano convinto il Cavaliere a forzare i tempi del passaggio a Forza Italia, accogliendo la "proposta Fitto" sull’azzeramento di tutte le cariche, compresa quella del leader delle "colombe", il segretario del Pdl Alfano che ha speso le ultime settimane facendo la spola fra Palazzo Chigi, Palazzo Grazioli e Arcore, nel complicato tentativo di colmare ancora una volta la faglia fra le due anime del partito. Ora però la scissione potrebbe essere inevitabile. I governativi, spiazzati, preparano un documento per oggi: «L’anticipazione ci sorprende ma saremo pronti. Sarà una mozione in vista del Consiglio – dice il senatore Roberto Formigoni –. Pensiamo che avrà le firme di almeno 30 senatori , forse di più. E contiamo su almeno 250-280 consiglieri nazionali». Anche i lealisti fanno le loro somme. La guerra del pallottoliere è entrata nel vivo.