Attualità

Coronavirus. La ministra De Micheli: l’Italia c’è e alle Ong dico corresponsabilità

Marco Iasevoli martedì 14 aprile 2020

Il ministro Paola De Micheli

Ministro Paola De Micheli, nella sua funzione di responsabile dei porti e di quel pezzo d’Italia che sta in mare, lei ha firmato pochi giorni fa, insieme ai colleghi Lamorgese, Di Maio e Speranza, un decreto che definisce l’Italia “porto non sicuro” per navi battenti bandiera straniera che salvano migranti nel Mediterraneo. E l’Alan Kurdi non ha potuto sbarcare 156 migranti su suolo italiano. È una decisione che ha sollevato proteste nella società civile e anche in parte della maggioranza…

Non ci sottraiamo nell’aiutare e nell’assistere le persone in fuga da fame e guerra e coloro che corrono pericoli in mare. Per i migranti e il personale dell’Alan Kurdi ci siamo attivati con una procedura d’emergenza. Il provvedimento che cita è successivo a un altro decreto del 19 marzo, con il quale ho chiuso i porti a navi passeggeri battenti bandiera straniera, per l’incolumità di chi è a bordo e per l’incolumità degli italiani. L’ultimo provvedimento è in coerenza con questa disposizione generale. È una chiusura che vale per tutti, non solo per le imbarcazioni delle Ong. Nelle Regioni di approdo, in particolare quelle del Sud, e in generale nel Paese, non abbiamo le condizioni organizzative per gestire situazioni sanitarie di emergenza negli ospedali nel caso dovessero arrivare molte persone. Infatti ieri per la Sicilia ho prorogato fino al 3 maggio le misure che limitano tutti i collegamenti anche dall’Italia, non solo dall’estero. L’Alan Kurdi, che batte bandiera tedesca, ha deciso di non chiedere aiuto al proprio Paese.

Si riferisce all’intervento della Protezione civile, con in collaborazione con Guardia costiera e Croce Rosse farà svolgere su una nave ad hoc la quarantena ai migranti e al personale dell’Alan Kurdi. Ma si potrà mai agire così per ogni emergenza?

La quarantena obbligatoria è la misura che abbiamo disposto per ogni italiano che rientra dall’estero, che deve indicarci immediatamente un domicilio sicuro. In questo momento, a causa della pandemia, non abbiamo la possibilità di far sbarcare persone in completa sicurezza e individuare luoghi isolati per far svolgere loro la quarantena sulla terraferma. Per questo le procedure di sbarco avverranno su una nave idonea individuata dal soggetto attuatore indicato dall’ordinanza della Protezione civile. Nel caso della Alan Kurdi, al termine della quarantena il ministero dell’Interno tedesco ha già manifestato la concreta disponibilità alla ministra Lamorgese per una ricollocazione delle persone.

Serve un intervento europeo per gestire queste nuove drammatiche circostanze?

L’Europa c’è, gli Stati ci sono. Serve la responsabilità di tutti. Io rivolgo un appello alle Ong battenti bandiera straniera: collaborate. Rispettate le disponibilità dei Paesi di bandiera perché l’Italia ora è in grave emergenza sanitaria. È un gesto di solidarietà e corresponsabilità che chiede il governo italiano.

Ministro, da un lato la paura in Europa e nel mondo per Covid-19. Dall’altro fame e disperazione di chi teme meno un virus che restare nel proprio Paese. Ma così il Mediterraneo rischia di tornare luogo di morte. Da ore c’è un allarme fortissimo per imbarcazioni di cui non ci sarebbero notizie, nonostante una nota della Guardia costiera che smentisce e che però non convince le ong.

Non c’è nulla che non sia “visto” o di cui non ci sia notizia. Il monitoraggio europeo del Mediterraneo è costante. L’Italia non gira la faccia dall’altra parte, non nasconde all’opinione pubblica situazioni di pericolo per persone che sono in mare. Il nostro Paese non è cambiato. La Guardia costiera continua a svolgere il suo preziosissimo ruolo senza alcuna limitazione e nel rispetto delle norme internazionali.

Per quanto riguarda le altre sue competenze: i trasporti in che modo vivranno la “fase due”?

Il punto prioritario è il graduale potenziamento dei trasporti per andare al lavoro. Il trasporto pubblico locale avrà bisogno di regole precise, non possiamo immaginare calche in metropolitana o sui bus. Siamo concentrati soprattutto su questo e sul progressivo ampliamento dei collegamenti infraregionali e nazionali. In questo momento tutto è legato alla ripartenza delle attività produttive.

La maggioranza appare logorata dalla disputa sul Mes: lei pensa che occorre considerare di chiedere un prestito al salva-Stati?

Noi dobbiamo muoverci nella logica del pacchetto complessivo con due punti dirimenti. Il primo, qualsiasi strumento dovrà essere senza la minima condizionalità, così come già previsto dall’Eurogruppo per le spese sanitarie. Secondo, va introdotta qualche forma di debito comune, perché è inimmaginabile che il piano per la rinascita si faccia con i bilanci dei singoli Stati.