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Omofobia. Ddl Zan al Senato, timida apertura nel Pd. Letta permettendo

Gianni Santamaria sabato 10 luglio 2021

A pochi giorni dall’approdo in Aula deciso per martedì prossimo prosegue il lavorio delle forze politiche in vista di un iter che si presenta difficile. Nel Pd in particolare alcune voci si levano per chiedere al segretario Enrico Letta una mediazione con quelle forze che hanno votato il ddl alla Camera e che ora chiedono modifiche - leggi Italia Viva.

Occorre «concordare una linea comune» in modo da «blindare il passaggio a Palazzo Madama», l’apertura in questo senso dell’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci, che si unisce all’appello del coordinatore di Base riformista, Alessandro Alfieri. «Non voglio arretrare sui diritti, voglio l’approvazione del ddl Zan. Non posso nascondermi, però, i problemi in Senato», aggiunge. E si dice certo della compattezza del gruppo dem anche in presenza di voti segreti ed esclude qualunque dialogo con la Lega, perché «non ci si può fidare della filiale italiana di Orban».

Alfieri, coordinatore di Base riformista, poco prima aveva aperto: «Siamo per ricorrere agli ordini del giorno, se Italia viva pensa a qualche emendamento mirato siamo sempre pronti all’ascolto. Ma della Lega non ci fidiamo». Ai due si unisce Stefano Collina: «Il Pd «non può solo incrociare le dita», dice.

I leader restano sulle loro posizioni. Innanzitutto Letta. Che si dice pronto al dialogo e all’ascolto in Parlamento, «perché siamo convinti delle nostre ragioni». La posizione della Lega, attacca, «sconta un problema di credibilità, perché nel giorno in cui chiedono il dialogo, votano per non condannare la legge anti-Lgbt che l’Ungheria ha approvato, a livello di Parlamento Europeo».

Anche Matteo Salvini tira dritto e mette di fronte alle due possibili strade da imboccare a partire da martedì: «O dici che il pacchetto è questo e tiri dritto, a costo di far saltare tutto, oppure accetti tre emendamenti, e si vota all’unanimità una legge che tutela i diritti». I due «fanno una battaglia di bandierine ideologiche», incalza Matteo Renzi, che ribadisce: «Meglio un compromesso che nessuna legge». Per Ivan Scalfarotto, sottosegretario all’Interno di Iv, il testo uscito dalla Camera va bene così com’è, ma «il timore è che quel buon testo si areni».

Le parole di Marcucci vengono salutate con favore anche da Forza Italia, con Licia Ronzulli (autrice di un testo alternativo che introduce sole aggravanti dei reati già previsti dal codice) che auspica la cessazione del muro contro muro : «Si rinunci alle bandierine e si torni al dialogo per giungere a un testo realmente condiviso, anteponendo i diritti agli interessi ideologici di parte».
Quanto queste prese di posizione si tradurranno in atti parlamentari concreti lo si vedrà da martedì.

L’iter del testo si presenta complicato, sia per il (finora) mancato accordo, sia per aspetti tecnici. Il ddl arriva, infatti, senza che la Commissione Giustizia, cui era affidato, lo abbia votato. Arriva dunque senza un relatore. Ciò significa che sarà necessario trovare un accordo tra le forze politiche anche solo per fissare aspetti procedurali come il temine per la presentazione degli emendamenti. Probabilmente già martedì si voteranno le pregiudiziali di costituzionalità. Per l’incrocio con altri dossier importanti come le nomine Rai e il dl "Sostegni bis", che deve essere approvato entro il 24 luglio, è possibile che il provvedimento slitti a dopo la pausa estiva.

Il cardinale Bassetti: no ingerenze, ma ci auguriamo delle modifiche​

«Ci auguriamo una riformulazione del testo». Così il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha parlato del ddl Zan in un’intervista a "la Repubblica". E sulla nota verbale all’Italia da parte del Vaticano che ha suscitato polemiche politiche, il porporato ha spiegato che «nessuno e neppure la Santa Sede ha mai messo in discussione la laicità dello Stato. Il termine "ingerenza" è errato, così come lo è "indebita"».

Infatti, il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, ricorda Bassetti, ha parlato di rilievi sulle «possibili interpretazioni del testo, con conseguenze paradossali». Per l’espressione di un’antropologia fondata «su una fede condivisa da milioni di credenti». E la messa in discussione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo i propri convincimenti.

C’è, infine, chi ha parlato di pressioni per un’azione della Cei più importante. «Non c’è stato alcun cortocircuito interno vaticano, né tantomeno tra Santa Sede e Cei - precisa Bassetti -. Tutt’altro: Santa Sede e vescovi hanno la stessa opinione». Entrambe «sono intervenute nel merito e con modalità loro proprie».