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Ddl Zan. Fassina: «Il gender va tolto dal testo»

Marco Iasevoli mercoledì 7 luglio 2021

Non è d’accordo con il suo campo politico. Non è d’accordo con la gara a forzare la mano sul ddl Zan condotta da Pd e M5s al Senato. Lo dice apertamente Stefano Fassina, deputato di Leu, a costo di ritrovarsi in ultraminoranza a sinistra (ma non sarebbe la prima volta): «Ho votato la legge alla Camera sulla base di elementi che oggi non esito a definire insufficienti. Ma dopo, nei mesi successivi, ho riscontrato l’assoluta fondatezza dei rilievi critici. Ho letto e condiviso le preoccupazioni sul versante femminista di Marina Terragni e Francesca Izzo, gli appelli di Arcilesbica a cambiare la legge, i pareri di giuristi di diverso orientamento culturale ma concordi nell’indicare criticità oggettive. E penso che sia un grave errore, in democrazia, fare una legge senza ascoltare».

Il punto centrale su cui intervenire?
La questione fondamentale è che l’articolo 1 contiene una visione antropologica. E una visione antropologica non può essere legge dello Stato. Il rafforzamento necessario e urgente della normativa antidiscriminatoria non può essere legata, mi ripeto ancora per essere più chiaro possibile, ad una visione antropologica.

Dove si trova la visione antropologica nell’articolo 1?
Nella definizione di identità di genere. È una definizione che va espunta dalla legge. Non si può assoggettare ad una norma penale una pur legittima visione del superamento della dualità uomo-donna. Si rischia un arretramento di cultura politica.

E il 4 e il 7?
Se si elimina l’identità di genere, l’articolo 4 si può anche evitare. Alla Camera è stato introdotto per rispondere alle critiche che venivano dal centrodestra sul rischio di un reato di opinione, se togli quella definizione l’articolo si può rimuovere con tutto il suo portato di arbitrio giurisdizionale.

Vale lo stesso discorso per l’articolo 7?
Togliendo dalla legge l’identità di genere, la Giornata contro la discriminazione omo-transfobica diventa "praticabile" anche per quella componente del sistema pubblico dell’istruzione che reclama legittimanente la violazione della propria libertà di avere una propria idea di persona. Anche la questione posta dalla Chiesa cattolica avrebbe una risposta.

Ormai opinioni come la sua si trovano a destra, a sinistra e al centro: perché il Pd tira dritto?
È da settimane che provo a dare il suggerimento di mediare e trattare. A mio avviso il Pd doveva giocare all’attacco e intestarsi l’accoglimento di una parte dei rilievi posti, chiedendo contestualmente un impegno pubblico in Senato da parte di tutte le forze di maggioranza, con l’obiettivo di una terza lettura immediata alla Camera. La strumentalità di alcune forze politiche non giustifica questo arroccamento del Pd su un errore che è di merito.

Il Pd ha strozzato il dibattito interno?
Intanto c’è un errore anche in termini di democrazia costituzionale: chi difende la centralità del Parlamento, su temi delicati come i diritti e le libertà deve sapere ascoltare e costruire un consenso che vada oltre la strettissima maggioranza. Poi sì, certo, sono sincero, mi aspettavo un dibattito molto più aperto nel Pd.

Così ha voluto Letta?
Sulla legge Zan Letta ha trovato un percorso molto avanzato. Penso che il segno della sua segreteria dovrebbe puntare a ricostruire l’autonomia culturale e la credibilità politica del Pd sui diritti sociali, non inseguire derive transumaniste sui diritti civili.

Vale anche per Leu in cui lei milita...
Certo, quanto rilevato per il Pd vale a maggior ragione per la sinistra fuori dal Pd.

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