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I pacifisti. Dai pozzi ai kit per riparazioni: la pace s'è fatta strumento in Ucraina

Riccardo Michelucci mercoledì 28 dicembre 2022

La popolazione di Mykolaiv raccoglie l'acqua, resa potabile grazie ai dissalatori donati dalla rete degli attivisti di Stopthewarnow

I pacifisti della rete Stopthewarnow scalpitano per tornare in Ucraina prima possibile. «Nelle nostre chat interne continuano a chiederci quando partiranno le prossime carovane della pace. Ci stiamo organizzando per superare le ulteriori criticità create dall’inverno, dovremmo farcela a ripartire intorno alla fine di gennaio», spiega Gianpiero Cofano della Comunità Papa Giovanni XXIII, che coordina la rete italiana alla quale hanno aderito 175 associazioni, movimenti ed enti laici e religiosi impegnati a costruire la pace attraverso azioni umanitarie.

La rete non si è limitata a organizzare quattro carovane di mezzi che tra marzo e ottobre hanno portato centinaia di attivisti a Leopoli, a Odessa, a Mykolaiv e a Kiev. Il flusso di aiuti convogliati in Ucraina, infatti, non si è mai fermato e continua a essere incessante.

Ad oggi, con i fondi raccolti dagli enti e dalle donazioni private, sono stati finanziati dieci pozzi nell’area di Mykolaiv, i cui abitanti sono costretti ad affrontare una gravissima emergenza idrica da quando – nella primavera scorsa – le bombe dell’esercito russo hanno reso inutilizzabile l’acquedotto cittadino. «Sei di questi dissalatori sono già operativi e gli altri entreranno in funzione entro il mese prossimo. Ciascuno di essi è costato 25mila euro e copre il fabbisogno idrico quotidiano di circa cinquemila persone», aggiunge Cofano. «Complessivamente sono quindi in grado di rifornire di acqua potabile una buona fetta della popolazione rimasta a Mykolaiv, costituita in gran parte da anziani».

Alla fine di novembre l’Oms ha lanciato l’allarme freddo in Ucraina per i mesi invernali, ma la rete Stopthewarnow aveva già organizzato da tempo una specifica campagna per l’emergenza freddo, che consiste nell’acquisto di generatori elettrici, stufe, coperte e scorte di gasolio da destinare alle abitazioni private e agli ospedali. Aiuti che di solito vengono recapitati di persona da un piccolo gruppo di volontari italiani rimasti in Ucraina. «Per noi è fondamentale il contatto diretto con la popolazione – prosegue Cofano – perché la nostra missione non consiste soltanto nel recapitare aiuti umanitari. Quelli che portiamo noi sono in realtà “aiuti di pace”, che presuppongono uno scambio e una condivisione delle sofferenze. Per questo motivo siamo stati a Mykolaiv sotto le bombe e siamo rimasti a dormire con gli ucraini in un rifugio antiaereo».

Il bilancio delle attività svolte da Stopthewarnow in dieci mesi di guerra è notevole: quattro carovane di mezzi giunti dall’Italia con a bordo, in totale, cinquecento attivisti e circa trecentocinquanta tonnellate di aiuti, centinaia di profughi evacuati dalle aree più a rischio e dieci dissalatori finanziati.

Finora nessun altro movimento pacifista europeo è riuscito a fare altrettanto. Negli ultimi giorni dell’anno ricomincerà la distribuzione degli aiuti. I volontari rimasti in Ucraina si recheranno a Zaporizhzhya e a Dnipro con un piccolo gruppo di attivisti in arrivo dall’Italia per consegnare pacchi di generi alimentari, prodotti igienici e specifici kit per riparare le finestre delle case colpite dai bombardamenti.

Quanto alle nuove carovane, conclude Cofano, «stiamo pensando di organizzarne un’altra alla fine di gennaio volando fino a Chisinau, in Moldavia, e lì noleggiando alcuni veicoli per raggiungere Odessa e Mykolaiv in poche ore. La grande quantità di materiali raccolti negli ultimi mesi vorremmo convogliarla in un Tir, che ci consentirebbe di trasportare fino a trecento quintali di aiuti con un unico viaggio».