Attualità

L'esperimento. Dagli embrioni «sintetici» la domanda sull'umano

Assuntina Morresi venerdì 26 agosto 2022

Passo dopo passo, va avanti la costruzione in laboratorio di organismi modello di esseri viventi che si avvicinano sempre più alla complessità dei mammiferi, anche se a uno stadio vitale iniziale.

Già nel 2017 un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge, diretto da Magdalena Zernicka-Goetz, aveva ottenuto un 'embrione sintetico' di topo, cioè un organismo del tutto analogo a un embrione, che però non era stato formato con una fecondazione ma utilizzando una combinazione di cellule staminali embrionali, tutte di topo.

La novità annunciata ieri è che lo stesso gruppo (a cui partecipa anche Gianluca Amadei dall’Università di Padova) ha ripetuto l’esperimento con un salto qualitativo importante: le cellule assemblate, sempre della stessa specie animale, sono riuscite a 'dialogare' fra loro, spontaneamente, senza interventi esterni. In questo modo il cosiddetto embrione sintetico si è sviluppato per otto giorni e mezzo, consentendo la formazione di una struttura differenziata e complessa, con parti di cervello, il tubo neurale (da cui si sviluppa il sistema nervoso), una struttura simile a un cuore che batte e un’altra all’intestino.

I primi di questo mese, sulla rivista «Cell», è stato pubblicato il risultato di ricerche analoghe guidate dal biologo Jacob Hanna del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele: ancora simil-embrioni di topo, ottenuti in laboratorio senza fecondazione ma manipolando cellule staminali embrionali e facendole sviluppare in una sorta di 'utero meccanico'. La rivista «Mit Technology Review» ha dato conto di un dialogo con Hanna, che sta studiando come replicare questa tecnologia per similembrioni analoghi, ma umani. L’obiettivo non è nuovo: formare in laboratorio organi e tessuti per trapianti, con la prospettiva di ricerche sulla longevità. In gioco investimenti importanti, come quelli dell’azienda Renewal Bio che nel suo sito dichiara di voler «rendere l’umanità più giovane e più sana».

È evidente l’importanza di osservare la formazione spontanea, in vitro, di sistemi cellulari di elevata complessità che si autoorganizzano, ma sarebbe più corretto utilizzare il termine 'embrioidi', per sottolineare che si tratta di modelli, ancora lontani dalla possibilità di diventare esseri viventi complessi come i topi: molti ricercatori ricordano che questi organismi non hanno alcuna possibilità di completare il proprio sviluppo.

Ma è anche innegabile la necessità di chiarire 'cosa' sono questi nuovi organismi creati in laboratorio. Per poter decidere consapevolmente in che direzione continuare la ricerca è necessario dare un nome, innanzitutto, al prodotto dei nostri studi, sia che si utilizzi materiale biologico di origine animale, a maggior ragione se si passa a cellule umane. Ad esempio: questi organismi sintetici hanno una dimensione senziente? Ha senso chiedersi se possono 'provare' dolore o piacere? Gli affascinanti sviluppi tecnologici e scientifici nelle scienze della vita producono problematiche inedite e pongono domande nuove che dobbiamo formulare in maniera corretta, evitando di ricorrere ad allarmismi e sensazionalismi, per rispondere alla domanda più antica, che si ripropone: cosa è l’umano?