Attualità

REPORTAGE. La crisi di Siena divide anche la massoneria

Nello Scavo sabato 2 febbraio 2013
​Sessantamila abitanti, undici milioni di turisti, diciassette contrade, due università, la terza banca italiana. E sette logge massoniche: quattro in città, tre in provincia.«La massoneria non è una camera di compensazione e non ha le mani sul Monte. Non controlla niente, né è interessata a farlo», si affretta a precisare una nota di Gustavo Raffi, gran maestro del Grande oriente d’Italia, sotto la cui insegna si riconoscono 22 mila "fratelli" col grembiulino. «Il nostro lavoro – garantisce il venerabile deprecando le illazioni giornalistiche – è culturale». Ai massoni non «interessano i conti, gli affari, gli acquisti e la manipolazione dei titoli azionari di una banca». Neanche se questa è la Mps e neanche se lo stesso Raffi, con il suo studio legale, ne è un "consulente" storico? «Basta con il gioco della Torre, la magistratura accerterà che gli "uomini in nero" infiltrati negli affari – assicura – non sono liberi muratori del Grande Oriente d’Italia».Nelle settimane in cui si parla di una certa invadenza dei "rossi", Raffi allude a «uomini in nero». Impossibile saperne di più. I "fratelli" toscani, peraltro, stanno vivendo una stagione di forti divisioni. E mai come a Siena si sono udite da un massone parole come quelle pronunciate proprio da Raffi nel corso di un incontro del 24 ottobre, quando le notizie sui guai di Montepaschi facevano fibrillare non solo i mercati.A quell’appuntamento parteciparono circa duecento muratori per celebrare i 150 anni della loggia "Arbia", la più influente della città. Il gran maestro rivolse un rimprovero camuffato da esortazione: «La massoneria deve volare alto, ben al di sopra delle piccole beghe di bottega, delle calunnie anonime e del livore di piccoli personaggi». Parole rivelatrici di un clima guerresco. A chi si riferiva? Il venerabile Stefano Bisi, giornalista che non ha mai nascosto di indossare il grembiule, in città è un personaggio centrale. Non solo perché dirige il Corriere di Siena. È lui ad aver coniato la definizione di «groviglio armonioso», l’immagine che meglio di si adatta al «sistema Siena». Nel corso di quel summit autunnale, Bisi fece appello a «dare una continuità alla tradizione degli uomini che hanno testimoniato con la loro opera quotidiana che non esiste differenza tra il tempio interiore e quello esteriore».Ai detrattori del "groviglio" è ancora Bisi, che da moderno massone le sue opinioni le diffonde anche sul web, a ricordare che il groviglio armonioso «ha fatto crescere e consolidare istituzioni e associazioni».Babbo Monte, come i senesi chiamano la banca tra il benevolo e l’irriverente, ha un legame stretto con i poteri locali: il Comune, la Provincia, la Regione Toscana, tutte storicamente a guida Pd, che esprimono 14 dei 16 componenti della deputazione generale della Fondazione, un circolo ristretto dentro a cui si tessono le trame per la nomina da cui vengono indicati metà dei componenti del consiglio di amministrazione. Quel "groviglio", appunto, che ora il presidente di Mps, Alessandro Profumo, vorrebbe al massimo relegare all’organizzazione del Palio. Una cura che punta a recidre un legame perverso tra il Monte, la città, i comitati d’affare e le contrade politiche.All’assemblea del 25 gennaio Profumo si è fatto molti nemici. «Il nostro obiettivo – ha annunciato – è generare valore per la comunità senese, facendo la banca e non facendo altro». Piaccia o no ai "fratelli" col grembiulino e a quelli con una tessera di partito, «non saremo il datore di lavoro di ultima istanza, l’acquirente di ultima istanza di aziende senesi, non saremo – ha avvertito – il terminale di nessuno. Saremo il terminale dei nostri azionisti facendo bene il nostro mestiere. Se qualcuno ha idee diverse, temo lo deluderemo».Non sarà un lavoro privo di resistenze. «Il groviglio armonioso – ammonisce un importante massone – non esiste da ieri, ma da secoli».