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POLITICA. Fini: Berlusconi si dimetta Il premier: sfiducia in Parlamento

lunedì 8 novembre 2010
Il presidente della Camera Gianfranco Fini chiede al premier di dimettersi e aprire la crisi per poi eventualmente rilanciare con un nuovo esecutivo ed eventualmente con una apertura ai centristi di Casini: altrimenti Fli formalizzerà subito l'appoggio esterno ritirando la sua delegazione, con tutto quello che ne potrà conseguire. Da Arcore il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi risponde a stretto giro di posta: nessun passo indietro, l'esecutivo va avanti. Fini - conferma - si assuma la responsabilità in Parlamento di votarmi la sfiducia. Ma il presidente della Camera sembra lanciare una vera e propria sfida alla leadership del centrodestra. Non solo le dimissioni, ma la richiesta di una nuova agenda di governo che l'ex leader di An detta punto per punto nel suo intervento alla convention di Fli. Parole che non lasciano indifferente l'opposizione. Se il segretario del Pd Pier Luigi Bersani mette in chiaro che «la crisi è conclamata», riconosce a Fini di '«aver fatto un passo lungo» intravvedendo però ancora «tatticismi», Antonio di Pietro chiede ai democratici di presentare «una mozione di sfiducia cui l'Idv darà il suo appoggio».Ipotesi che al momento non viene raccolta dal resto dell'opposizione, convinta invece che il redde rationem potrebbe consumarsi su una mozione di Fli contro la Rai. Nonostante i toni da ultimatum usati dal presidente della Camera, la linea di Silvio Berlusconi e del Pdl non cambia: si va avanti e se il governo non ha i numeri in Parlamento l'unica soluzione resta il voto anticipato. Presa di posizione a cui Fini non replica ufficialmente: quello che doveva dire l'ha detto, sottolineano i suoi fedelissimi, ora sta al premier ed al Pdl fare le dovute riflessioni ma entro 48 ore si capirà meglio il da farsi. Per martedì, infatti, è in programma un vertice tra il ministro dell'Economia e gli esponenti della maggioranza (Fli compresa) sulla Finanziaria dopo l'arresto in Commissione e la spaccatura della coalizione su questo provvedimento.La scena al momento, però, appare sempre la stessa: entrambi i leader attendono che sia l'altro a staccare la spina. Nel ping pong tra Fini e Berlusconi, tuttavia, ci sono delle varianti da considerare, come la pazienza di Umberto Bossi. «Per il momento sto dietro il cespuglio'», dice sibillino il Senatur facendo intendere che nella querelle tra premier e l'ex leader di An la Lega non vuole al momento immischiarsi. L'irritazione del Carroccio per la situazione di paralisi che oramai da mesi attanaglia il Parlamento, con il rischio di far naufragare la riforma federale, è nota da tempo e oggi lo stato maggiore della Lega si riunirà a via Bellerio per fare le dovute riflessioni.Nel gioco a scacchi poi un posto di rilievo lo guadagna l'Udc. Berlusconi non fa mistero di voler un ritorno nella maggioranza dei centristi. Un corteggiamento, quello verso Pier Ferdinando Casini, che difficilmente otterrà gli effetti sperati. E se Fini gli intima di non '«usare una logica mercantile con l'Udc'», il segretario centrista Lorenzo Cesa plaude al presidente della Camera e mette in chiaro quali sono le richieste del suo partito: «Berlusconi abbia il coraggio di rassegnare le dimissioni quando il suo governo tira a campare». Pier Ferdinando Casini aveva chiesto un cambio di marcia alla maggioranza, un sussulto per superare l'autoreferenzialità mentre il Paese «crolla».A fare quadrato intorno al Cavaliere è tutto lo stato maggiore del Pdl: «Il futuro del governo si decide in Parlamento e non in Umbria», sottolinea Ignazio La Russa, ministro della Difesa. Una linea ribadita anche dai capigruppo di Camera e Senato Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto che chiamano Fini ad «assumersi le proprie responsabilità» nelle Aule parlamentari e «con riti impropri, che soprattutto chi ha ruoli istituzionali non dovrebbe invocare». A chiedere le dimissioni di Fini è il vice presidente dei deputati del Pdl alla Camera Osvaldo Napoli: «Mai prima di oggi - osserva - si era visto un presidente della Camera diventare capo partito, dar vita a un gruppo parlamentare e con questo mettere in piedi una strategia di ricatto che evoca le stagioni più buie della Prima Repubblica'».Dal resto delle opposizioni invece la richiesta è una sola: Berlusconi faccia un passo indietro. Lo ribadisce il leader del democratici Pier Luigi Bersani chiedendo un «governo breve per il rilancio del Paese'». Una proposta a cui si associa anche Massimo D'Alema ribadendo la necessità di un «governo di responsabilità nazionale che affronti la crisi».