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Crisi. Accordo Pd-M5s, rottura e ripartenza. Governo più vicino

Matteo Marcelli martedì 27 agosto 2019

Il summit tra M5s e Pd che ha riaperto i giochi (Ansa)

In corrispondenza con l'inizio delle consultazioni e il primo incontro al Colle tra il capo dello Stato e la presidente del Senato Elisabetta Casellati, la strada che porta all'accordo per un governo giallo-rosso torna a farsi più larga. Dopo una mattinata in cui l'intesa è sembrata scricchiolare, nel pomeriggio Movimento 5 stelle e Pd hanno lanciato entrambi segnali distensivi.

Da Palazzo Chigi è arrivata la smentita rispetto alla pretesa di Luigi Di Maio di andare al Viminale, una delle richieste che in mattinata aveva rischiato di far saltare tutto. Poi l'apertura del Pd: «La trattativa è ripartita, diciamo che sono più ottimista. Passi in avanti? Direi di sì», ha detto il capogruppo Dem al Senato Andrea Marcucci. Un concetto ribadito anche da Emanuele Fiano: «Penso che si possa sciogliere il nodo, credo ci possa essere un esito positivo nell'interesse del Paese. Stiamo dialogando col M5S e sono ottimista affinchè questo dialogo possa portare ad un risultato positivo e concreto». Sempre Marcucci ha poi annunciato una riunione con con i capigruppo grillini, non prima però di aver messo in chiaro che Di Maio non farà il vice premier, avendo il Movimento, a questo punto, già espresso il presidente del Consiglio.

Va registrata anche la benedizione del Conte bis arrivata dalla Casa Bianca con un tweet di Donald Trump: «Comincia a mettersi bene per Giuseppi Conte - ha scritto il presidente Usa sbagliando il nome di battesimo del premier dimissionario -. È altamente rispettato. Ama il suo paese e lavora bene con gli Stati Uniti. Un uomo di grande talento che, speriamo, rimarrà primo ministro».

La giornata era cominciata con l'annullamento del vertice in programma tra la delegazione del M5s, composta da Di Maio e Conte, e quella del Pd (formata da Zingaretti e Orlando). A far saltare l'incontro sarebbe stata una telefonata giunta da Palazzo Chigi al Nazareno. Già ieri sera, però, il capo politico del Movimento aveva comunicato ai suoi di aver imposto come condizione irrinunciabile per un accordo il via libera a un Conte bis. Una proposta alla quale il Pd non ha evidentemente dato il suo assenso. «Se non dicono sì a Conte è inutile vedersi, sono stanco dei giochini», avrebbe chiarito ai vertici dei 5 stelle dopo l'incontro con la delegazione Pd.

La sensazione, però, è che il problema non sia stato la presidenza del Consiglio, piuttosto le ambizioni personali di Di Maio che, come hanno fatto sapere fonti dem, avrebbe chiesto di fare il ministro dell'Interno e il vicepremier. Un'impressione confermata anche dalle dichiarazioni dello stesso Marcucci: «Facciamo tutti un passo indietro. Di Maio non si assuma una responsabilità così pesante. Le sue ambizioni personali rischiano di far saltare un accordo per dare al Paese un governo nuovo. Disinnescare le clausole dell'Iva vale molto di più che salvare un incarico ministeriale». Il diretto interessato ha smentito di volere l'Interno, ma non ha detto nulla sulla poltrona di vice premier.