Attualità

L'indagine. Cresce il divario fra ricchi e poveri

Nicola Pini martedì 28 gennaio 2014

Si allarga in Italia l’area della povertà, più tra i giovani che tra gli anziani, mentre i ricchi diventano ancora più ricchi. È l’effetto polarizzante della doppia recessione degli ultimi anni che ha pic­chiato duro sulle famiglie italiane ma non ha colpito tutti allo stesso modo, accen­tuando così le diseguaglianze nella distri­buzione della ricchezza e del reddito. La conferma del fenomeno arriva dall’ultima indagine biennale della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie.

I dati sono aggiorna­ti al 2012 e raccolgono dunque soltanto in parte le durissime conseguenze di una cri­si che è proseguita ancora nel 2013. Secondo l’indagine, nel biennio preso in e­same il reddito nominale delle famiglie è sceso del 7,3% e la ricchezza del 6,9%, dati che scontano anche il deprezzamento del­le abitazioni. Quella che i tecnici di Via Na­zionale chiamano «povertà pseudoassolu­ta » è salita dal 14 al 16% della popolazione (sfiora il 25% al Sud) e riguarda coloro che hanno un reddito individuale non supe­riore a 7.678 euro, ovvero 15.300 euro per una famiglia di tre persone. Nell’Italia dove la classe media tende in buona parte a scivolare all’indietro, la metà dei nuclei vive con meno di 2mila euro net­ti al mese (nemmeno 25mila euro l’anno) e il 20% può contare al massimo su 1.200 euro. Non a caso quasi il 36% delle famiglie ritiene il proprio reddito insufficiente per arrivare alla fine del mese a fronte del 29,9% del 2010. Nello stesso tempo rallenta dopo molti anni la corsa all’indebitamento, segno di una maggiore prudenza ma anche del­l’oggettiva difficoltà ad acquistare una ca­sa: così la quota di chi deve rimborsare un prestito è scesa dal 27,7 al 26,1% ma l’am­montare medio del debito è salito da 44mi­la a 51mila euro. Ancora, secondo Bankita­lia, cresce l’area della vulnerabilità finan­ziaria, condizione che coinvolge chi ha red­dito sotto la media e una rata da rimborsa­re superiore al 30% delle entrate. All’estremo opposto della scala sociale in- vece la ricchezza (almeno in termini rela­tivi) è cresciuta ancora. Il 10% delle fami­glie più benestanti possedeva il 44,3% del­la ricchezza nel 2008, il 45,7% due anni do­po e il 46,6% nel 2012. La 'torta' si è ristretta ma la fetta detenuta dai ceti più ricchi è o­ra quasi la metà. L’aumento degli squilibri sociali vede i giovani come principali vitti­me mentre gli anziani tengono le posizio­ni. Con l’aumento delle disoccupazione e della precarietà, il reddito è calato soprat­tutto tra coloro che hanno tra i 19 e i 34 an­ni. La crisi peraltro ha solo accentuato una tendenza consolidata. Negli ultimi vent’an­ni, rileva la ricerca, la quota di famiglie a basso reddito tra gli under 35 è aumentata di 11,2 punti mentre tra chi ha più di 64 an­ni è diminuita del 2,8%. Intanto i lavorato­ri autonomi continuano a stare meglio dei dipendenti, ma il loro reddito è sceso dal 144 al 138% della media, mentre gli sti­pendiati sono stabili al 109%.