Attualità

La relazione. Così si favoriscono gli organismi più strutturati

Luca Liverani mercoledì 8 gennaio 2014
È una bocciatura netta quella che la Corte dei conti dà al quadro normativo che regola il meccanismo del 5 per mille, definito «confuso ed inadeguato al possibile nuovo ruolo istituzionale del privato sociale». L’analisi è in una relazione di 122 pagine che la magistratura contabile ha inviato il 24 dicembre al Parlamento e alle principali amministrazioni dello Stato. Il documento, corredato dall’obbligo di comunicare a Corte e Parlamento entro sei mesi le «misure consequenziali adottate» o entro 30 giorni «un provvedimento motivato» ove ritengano «di non ottemperare ai rilievi formulati», elenca una serie di inefficienze e inequità che salvano ben poco dell’attuale impianto.L’attuale disciplina, dunque, «agevola, di fatto, gli organismi di maggiori dimensioni e più strutturati» e l’attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva «fa sì che alcuni enti che possono raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero di scelte, somme assai rilevanti» rischiando «di piegare un istituto di rilevanza sociale a finalità egoistiche e personali». La differente capacità fiscale dei contribuenti fa sì che i Comuni più ricchi possano beneficiare, in proporzione, di maggiori introiti, senza meccanismi «di perequazione o coordinamento». Il tetto di spesa annuo poi «è in contrasto con le determinazioni dei contribuenti». I ritardi nelle erogazioni «dovuti alla pluralità di amministrazioni coinvolte, con scarso coordinamento tra loro e a disfunzioni interne», creano «incertezza sulla disponibilità per i beneficiari». Da migliorare la trasparenza dei dati in rete, dove non sono identificabili i beneficiari e i contributi agli enti presenti in più elenchi. Infine secondo i magistrati contabili «sussiste un conflitto di interesse di numerosi enti che, anche indirettamente, gestiscono i Caf e sono potenziali beneficiari del 5 per mille».