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Il punto. Le Caritas d'Italia: «Ecco cosa cambiare del primo decreto Salvini»

Antonio Maria Mira mercoledì 30 ottobre 2019

Giovani e minori, italiani e stranieri, durante una delle giornate di lavoro alla Colonia Don Bosco di Catania (foto Archivio)

Ripristinare il permesso di soggiorno per motivi umanitari o, almeno, uno analogo. Consentire la registrazione anagrafica anche ai richiedenti asilo. Riordinare il sistema di accoglienza attualmente devastato dai tagli e dalla riduzione dei servizi per l’integrazione. Sono le più urgenti modifiche del primo "decreto sicurezza" che chiedono le Caritas e le organizzazioni collegate, dal Nord al Sud. Le chiedono al governo e in particolare al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Altrimenti, denunciano, aumenteranno irregolari, abbandonati, sfruttati, anche a discapito della sicurezza. Un viaggio, l’ennesimo di Avvenire, tra chi nella prima linea dell’accoglienza non ha mai chiuso le porte.

Torino. «Va ripristinato il permesso di soggiorno per motivi umanitari – afferma con forza Sergio Durando, direttore della Pastorale Sociale dei Migranti della diocesi di Torino, che opera assieme alla Caritas –. La sua abrogazione precarizza e rende molto più vulnerabili le condizioni degli immigrati». E le nuove, limitate, forme di permesso previste dal primo "decreto sicurezza", non sono sufficienti. «L’umanitaria poteva essere convertita in permesso di soggiorni per lavoro e studio, quelli nuovi no». Inoltre, aggiunge, «l’umanitaria favoriva anche attività culturali, di formazione e impegno sociale. Ora questo non c’è più e si vanificano impegni umani e economici dei territori buttando via risorse». C’è poi la questione della residenza. «Richiedenti asilo e ricorrenti non la possono più avere e questo preclude tutto il resto. Così aumentano le persone irregolari, senza diritti, il lavoro nero, lo sfruttamento, i problemi di salute». Per questo «il nostro è un grido di allarme, soprattutto per chi aveva fatto già un percorso e ora finisce sulla strada».

Milano. Anche la Caritas ambrosiana chiede che «sia previsto un nuovo permesso di soggiorno per chi aveva l’umanitaria e ora si trova senza protezione». Come denuncia il portavoce, Francesco Chiavarini, «sono le vittime del "decreto sicurezza", lo abbiamo toccato con mano. Stiamo accogliendo a nostre spese 77 persone che erano nostre ospiti e che avrebbero dovuto essere messe per strada». E la Caritas «continuerà ad ospitarli perché devono poter proseguire il loro percorso di integrazione. Ma tanti altri sono abbandonati e potrebbero diventare un problema di sicurezza». Per questo, aggiunge Chiavarini, «un’altra modifica assolutamente necessaria è ridare la possibilità anche ai richiedenti asilo di essere inseriti nel sistema Sprar, esclusa dal decreto ma fondamentale per un vero percorso di inclusione».

Roma. Lorenzo Chialastri, responsabile area immigrati della Caritas di Roma, torna a indicare il problema della residenza, in particolare per richiedenti asilo e ricorrenti. «Non avere l’iscrizione angrafica impedisce tante cose, come partecipare a tirocini o iscrivere i figli all’asilo nido. Molti Municipi si stanno arrampicando sugli specchi per iscriverli, sforzi ai limiti della legge, ma è assolutamente necessario modificare il decreto». Così come è urgente intervenire sul sistema dell’accoglienza «che si sta sgretolando, spegnendo. È giusto controllare di più, ma anche chi lavora bene è in difficoltà. Molti non ce la fanno con 18-20 euro al giorno, non si può fare integrazione». Dunque, insiste, «va sostenuto il sistema Sprar ma anche la prima accoglienza nei Cas, prevedendo nuovamente i servizi di integrazione esclusi dal decreto. Altrimenti non bastano i 6 mesi nello Sprar. Ne escono senza essere davvero integrati. Li si rimanda al nulla».

Foggia. Torna sul tema della residenza l’avvocato Stefano Campese, coordinatore pugliese del progetto Presidio della Caritas. «Il cosiddetto "decreto sicurezza" sta creando molte difficoltà per l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo. Ci sono state delle decisioni della magistratura sul fatto che sia sufficiente il modello C3, che viene rilasciato al momento della richiesta di protezione internazionale. Ma si tratta di intepretazioni. A Foggia, ad esempio, non si applica e vengono rimandati indietro». È dunque necessario modificare il decreto anche perchè, denuncia, «la residenza è necessaria per modificare il vecchio permesso di soggiorno in quello per motivi di lavoro. E non pochi imprenditori non fanno un contratto regolare con la scusa che non hanno la carta d’identità».

Campania. Sono univoche le richieste che vengono dalle Caritas di Aversa, Capua, Caserta e Teggiano Policastro che abbiamo raccolto nell’incontro che hanno avuto a Castel Volturno. «Bisogna assolutamente ripristinare il permesso di soggiorno per motivi umanitari. E intervenire sul problema della residenza. Altrimenti si incentiva l’illegalità». L’impossibilità di convertire la vecchia umanitaria in permesso per lavoro, denunciano, «farà aumentare gli irregolari anche se c’è richiesta di lavoro. E senza lavoro tante famiglie rischiano di finire per strada. Bisogna ridare a queste famiglie l’umanitaria». E c’è molta preoccupazione per i minori non accompagnati. «Avevano il permesso di soggiorno ma ora al 18mo anno si vedono respinta la domanda».

Reggio Calabria. Le richieste non cambiano in Calabria. «Il divieto di iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo oltre che ingiusto sta creando gravissimi problemi» dice Giovanni Fortugno, referente immigrazione della Comunità Papa Giovanni XIII, che opera assieme alla Caritas di Reggio Calabria. «Bisogna cambiare la norma, perchè, malgrado varie sentenze, il divieto viene applicato in modo diverso. Il comune di Reggio Calabria non lo applica, altri comuni vicini sì». C’è poi il sistema dell’accoglienza. «C’è una gran confusione, manca una vera regolamentazione. Tanti vengono a chiedere aiuto. Stanno aumentando situazioni di povertà e irregolarità, soprattutto per l’impossibilità di rinnovare l’umanitaria». E allora, è la richiesta, «chiamatela pure in un altro modo ma qualcosa va fatto, altrimenti di qui a un anno la situazione sarà irreversibile. Anche perchè gli sbarchi dalla rotta dell’Est aumentano, uno a settimana sulle coste joniche».

Ragusa. Le emergenze create dal cosiddetto "decreto sicurezza" e le modifiche necessarie non cambiano in Sicilia. «Bisogna ritornare al permesso di soggiorno per motivi umanitari o almeno rendere convertibili quelli speciali, introdotti dal decreto, in permessi per lavoro o studio. Ora impossibile», denuncia Domenico Leggio, direttore della Caritas di Ragusa. «La non convertibilità e la restrizione genera senza fissa dimora e esclusi». E torna anche qui la questione della residenza. «L’impossibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe è un’aberrazione perchè impedisce di usufruire di tutti i servizi territoriali». Inoltre, accusa, «l’impossibilità di accedere alla seconda accoglienza, lo Sprar, è ancora più grave. Dove vanno? Per strada».