Attualità

Il direttore del Gaslini. «Così si costruisce la cultura della vita»

Lucia Bellaspiga mercoledì 8 gennaio 2020

Al centro il dottor Petralia tra i due genitori di Tafida. Dietro, lo staff del Gaslini

«Ancora una volta da queste situazioni emerge che prima di tutto bisogna costruire una cultura». Paolo Petralia, direttore generale del Gaslini, calca la voce sull’ultima parola. Va oltre l’evento clinico e si addentra in risvolti ancora più profondi: «Se costruiamo una cultura di vita, una cultura della cura, oggi servirà a Tafida, domani a me o a te... Siamo felici di aver esaudito il desiderio dei genitori di Tafida, che chiedevano 'tempo' e tutta la qualità di vita possibile per la loro piccola. Poiché se non sempre è possibile guarire, è sempre doveroso prendersi cura. Questo tempo è la condizione di dignità che da sempre il Gaslini garantisce a tutti i bambini in tutte le condizioni». «Il Gaslini non è solo un’eccellenza mondiale, ma un simbolo di speranza per tanti bimbi che lottano contro la malattia », sottolinea il presidente della Regione, Giovanni Toti, dichiarando che «questa è una giornata speciale anche per noi, come ha detto la mamma di Tafida: la Liguria è diventata la sua seconda famiglia». Gli fa eco Sandra Zampa, sottosegretario alla Salute: «Il ministero della Salute ringrazia di cuore l'intero staff e tutto il personale. Il Gaslini ha riaffermato il valore, la qualità e il ruolo della sanità».

Petralia ha iniziato la conferenza stampa citando le parole del Papa: curare significa incontrare le persone. «Spiegavo ai giornalisti che c’è una risposta ancora più importante della questione se Tafida si potesse salvare oppure no: il suo percorso umano, prima ancora che clinico assistenziale, si è rivelato una grande opportunità per tutti. Posso assicurare con consapevolezza che la sua vicenda sta facendo bene a tanti». Dal giorno del suo ricovero, al Gaslini arrivano da tutto il mondo richieste di valutare bambini affetti da malattie gravi, «e questo è costruire una cultura. Il dovere dei medici è dare a tutti una risposta».

Ha fatto scuola la battaglia della piccola inglese. E ha fatto scuola la sentenza dell’Alta Corte britannica: «Allargare gli orizzonti in questo modo risponde in modo solido, duraturo, al nostro essere umanità». Non poco, in tempi di derive eutanasiche che premono alla porta delle legislazioni. «Prolungare trattamenti intensivi senza una prospettiva sarebbe inaccettabile», hanno ribadito i medici del Gaslini, ma Tafida «da un livello A è passata a un livello B – spiega Petralia – e ha certamente una prospettiva di vivere in un setting assistenziale meno intensivo, con percorsi riabilitativi che come obiettivo hanno di arrivare a darle le cure domiciliari». D'altra parte ormai Tafida respira anche senza macchine, «ora tendiamo al distacco totale. Ovviamente in modo graduale, senza provocarle sofferenza, ma sarà importante per quando potrà tornare a curarsi a casa. La strada è aperta». ( L. Bell.)