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IL CONFRONTO NEL GOVERNO. Condono e patrimoniale, il Pdl ci pensa

Eugenio Fatigante venerdì 7 ottobre 2011
Il cantiere infinito delle misure anti-crisi riscopre vecchie conoscenze: il condono fiscale e la patrimoniale, anche se in versione leggera. Il cosiddetto decreto sviluppo si impantana nella melma delle polemiche di maggioranza e slitta ancora di qualche giorno, ora pare al 20 ottobre, forse anche più in là. E il vertice del Pdl, sempre intenzionato a depotenziare il super-ministro dell’Economia al di là della «concordia» di facciata sbandierata ieri da Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi dopo il faccia a faccia, affaccia nuove ipotesi.Solo ipotesi, per il momento. Peraltro una nuova sanatoria, essendo un progetto "impegnativo", non entrerà certo nel decreto. Richiede tempi lunghi: più facilmente potrebbe essere abbinata alla delega per la riforma del Fisco (e dell’assistenza), da cui il governo si attende 20 miliardi fra 2012 e 2013. La novità, però, è che il termine condono è tornato a non essere più un tabù per questa maggioranza. In ambienti di Palazzo Chigi si fa sapere che «si sta valutando» l’impatto che la proposta avrebbe oggi sull’opinione pubblica e quanto se ne potrebbe ricavare, assieme comunque alle perplessità che tale misura alimenterebbe nella Ue.A far cadere il velo è stato Fabrizio Cicchitto: il capogruppo alla Camera del Pdl ha parlato di «due tipi di condono, uno dei quali collegato alla riforma fiscale» (si vocifera anche di una forma di concordato preventivo lungo due anni, quindi non una tantum) e di «forme incisive di ricorso alla finanza straordinaria patrimoniale, nella versione moderata del professor Tabellini». Un riferimento, questo, al docente della Bocconi che nei giorni scorsi ha bocciato una maxi-patrimoniale, spendendosi invece per «un prelievo regolare e con un’aliquota modesta», sulla falsariga di quella (da 6 miliardi) tratteggiata nel Manifesto delle imprese. Anche il capo dei senatori, Maurizio Gasparri, il condono non lo esclude: «Avrebbe un senso nell’ambito di un’operazione straordinaria di abbattimento del debito pubblico».L’ipotesi, dunque, sul tavolo c’è. Assieme ad altre, come il programma di dismissioni e i nuovi interventi sulle pensioni, sulle quali pesa sempre il "no" (anche se non più totale) della Lega. Le decisioni sono ancora da prendere. D’altronde il cammino del decreto è tornato a complicarsi. «Pensiamo di approvarlo intorno al 20», ha detto Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, al termine del vertice Pdl a Palazzo Grazioli, che ha preso il posto dell’attesa riunione di maggioranza. Resta però l’insofferenza crescente verso Tremonti, che ha indotto il Pdl a indicare Paolo Romani, il ministro dello Sviluppo economico, come coordinatore del lavoro fra i ministeri e i gruppi parlamentari. La settimana prossima, dunque, il governo varerà solo la Legge di stabilità, documento solo contabile. D’altronde per approvare il decreto il governo deve prima risolvere la grana dei 7 miliardi dei tagli ai ministeri già previsti. Ciascun dicastero avrebbe dovuto inviare entro martedì scorso i capitoli di spesa da ridurre, ma all’appello mancano diversi ministri.Tagli che restano preliminari a ogni altra decisione. Per far crescere l’economia non bastano decreti «a costo zero», ha fatto notare con forza il mondo delle imprese: servono risorse "fresche". Le linee restano però contrapposte. Tremonti ha fatto ragionare Berlusconi sui numeri e per farlo si è presentato assieme al Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio: «Abbiamo diverse idee sui soldi», è la battuta fatta dal ministro. E Gianfranco Miccichè, sconsolato, ha commentato: «Oggi il vero potere in Italia è nelle mani della Ragioneria».