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Reportage. «Vaccino o tampone?». Così nella Mitteleuropa si entra in bar, teatri, hotel

Giacomo Gambassi, Vienna venerdì 16 luglio 2021

A Vienna un bar "Covid-free" dove per entrare occorre essere vaccinati o avere il tampone

«Vaccino o test?». Marie, maschera dell’Opera di Stato di Monaco di Baviera, accoglie con il sorriso chi entra a teatro. Accompagna lo spettatore a uno dei tavoli nel foyer, chiede il biglietto, controlla il documento d’identità. E poi domanda qual è lo “status” anti-Covid. Si dimentica però di presentare una terza opzione: «Guarito?». Ma va beh... Perché non si può assistere a uno spettacolo lirico o a un concerto se non si dimostra di avere almeno uno dei tre requisiti che, secondo il governo bavarese, permettono di riprendere le attività pubbliche e fanno da barriera alla pandemia: la vaccinazione, un tampone negativo o la malattia superata.

A Monaco di Baviera l'ingresso ai ristoranti ha bisogno di un attestato di vaccinazione o del tampone - Avvenire

L’Italia scopre dalle dichiarazioni di Macron quello che nei Paesi di lingua tedesca è una prassi ormai da settimane. Non si può frequentare un locale o partecipare a un evento senza avere un lasciapassare contro il coronavirus. In Austria le hanno ribattezzate le «tre G di sicurezza» che si leggono agli ingressi di bar, ristoranti, hotel o teatri. Stanno per tre participi passati: geimpft, getestet, genesen, appunto vaccinato, testato, guarito. Compaiono ovunque, ha stabilito il ministero della Salute. E valgono non solo per stare all’interno di una struttura ma anche nei cortili o nei dehors lungo i marciapiedi. Sarà anche vero, come ha detto di recente la cancelleria tedesca Angela Merkel, che i vaccini non sono obbligatori, ma diventa un supplizio avere una vita sociale senza la vaccinazione di fronte a regole così stringenti. E la via imboccata nella Mitteleuropa si trasforma in un pressing indiretto a favore della profilassi. Così in Austria il 43% della popolazione ha completato la vaccinazione, mentre in Germania si sfiora il 45%.

In Austria le tre "G" per entrare in un locale: sono ammessi solo "vaccinati", "testati" o "guariti" - Avvenire

«Buongiorno, quale G ha?», interroga gentilmente l’addetta della pasticceria Demel, una delle più rinomate e antiche di Vienna, davanti all’Hofburg, un tempo residenza imperiale e oggi palazzo del presidente della Repubblica. Nessuno fa problemi di privacy. In vari Land della Germania, fra cui la Baviera, il check-in all’albergo include la dimostrazione di essere un turista “Covid-free”. E, una volta mostrata la certificazione, occorre firmare un’autodichiarazione in cui si attesta che quanto esibito alla reception è autentico: pena multe e processi in tribunale. L’Austria è ancora più rigida: ogni mattina l’attestato va ripresentato per fare colazione nel salone dell’hotel alla vigilante che poi specifica le disposizioni di comportamento per servirsi al buffet: indossare sempre la mascherina Ffp2 e i guanti usa-e-getta.


E non è solo questione di Green pass che nella penisola si può avere finora dopo la prima dose. In Germania, quando si chiede la vaccinazione per andare al cinema o a mangiare fuori casa, si intende che sia «completa», ossia che contempli entrambe la dosi (ad eccezione di Johnson&Johnson) e che siano trascorsi almeno quattordici giorni dalla seconda iniezione: in caso contrario, non è utilizzatile. Ecco perché il Green pass italiano non è sfruttabile. Più magnanima l’Austria dov’è sufficiente una dose, ma inoculata da più di 22 giorni (prima non è ammissibile): tuttavia la dose unica ha una validità massima di tre mesi; poi occorre la vaccinazione totale.

La coda al Teatro dell'Opera di Vienna dove si accede solo con l'attestato di vaccinazione o il tampone - Avvenire

E se non si fa il vaccino? Tamponi, tamponi, tamponi... se si vuole sedere al ristorante o al bar, vedere uno spettacolo, soggiornare in hotel. Quelli molecolari valgono 72 ore, quelli rapidi 48: ciò significa che un non-vaccinato ha bisogno di due tamponi se va a cena in un locale a distanza di tre o quattro giorni. Giro di vite in Baviera dove l’esecutivo regionale ha decretato che ogni tampone valga al massimo per 24 ore. Risultato? Se si vogliono vedere due opere liriche un giorno dopo l’altro e non si è vaccinati oppure la vaccinazione è incompleta, non rimane altro che essere “tamponati” ogni mattina. Allora si capisce come mai il teatro di Monaco abbia allestito una postazione di test rapidi sul retro dell’edificio: prefabbricato in acciaio, registrazione via Internet e responso online in venti minuti. Tutto gratis. Perché sia in Germania sia in Austria i tamponi non a pagamento sono l’ordinario, non l’eccezione. A Vienna i centri sono sparsi per tutta la capitale: test dall’auto o a piedi. Anche dietro il duomo, in un’aula dall’Università aperta a tutti, turisti compresi: si prenota l’orario sul web e non esistono attese o code.

A Monaco di Baviera un locale "Covid-free" - Ansa

Poi c’è il tracciamento costante. Appena seduti al tavolo, sia esso di un bistrot o di un ristorante, il cameriere si avvicina e indica il Qr code sulla tovaglia. «Per cortesia, può riempire il modulo?», è l’invito. Nome, cognome, telefono, email. Quindi l’indicazione: i dati resteranno memorizzati per trenta giorni nel server in caso di focolai. E in aeroporto? Zero controlli quando si atterra o si parte da Linate o Malpensa, i due scali di Milano. A Vienna (ma anche in Germania) appena si scende dal velivolo, ecco il checkpoint della polizia che verifica la vaccinazione o il tampone. E un controllo analogo avviene a ogni gate prima di imbarcarsi: altrimenti si resta a terra. Nel Bel Paese è tutta un’altra storia (a maniche larghe).