Attualità

Con il vescovo tra i malati di Covid. «In corsia la lezione della sofferenza»

Marina Luzzi domenica 17 gennaio 2021

Monsignor Giovanni Ricchiuti nella tuta protettiva usata dal personale medico con un malato di Covid: "Avevo scritto 'vescovo Giovanni' sullo scafandro e al mio 'come stai?' molti hanno risposto alzando un dito al cielo, come a dire che tutto era nelle mani del Signore"

«Impara a chinarti su un mendicante, dice il poeta Franco Arminio. Siamo tutti mendicanti. Io tra i malati di Covid-19, in corsia, ci sono andato per essere dono, per un’opera di misericordia corporale. E invece, tornandomene a casa, ho capito quanto loro avevano dato a me, con quegli sguardi di sofferenza, di paura di fronte al futuro, con quelle carezze mancate, che loro avrebbero voluto e che io non potevo dare. Mi hanno trasmesso fiducia, speranza».

Monsignor Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, rivive così le recentissime visite ai pazienti e al personale del presidio ospedaliero regionale «Miulli» di Acquaviva delle Fonti, ente ecclesiastico di cui è governatore, e dell’ospedale pubblico della Murgia «Fabio Perinei» di Altamura.

«Pensa che si muore e che prima di morire tutti hanno diritto a un attimo di bene. Ascolta con clemenza»: la poesia inizia con queste parole. «Mi sono vestito come uno dei medici e degli infermieri – racconta Ricchiuti –. Due ore in quella tuta e mi sono domandato come facessero loro per turni interminabili. Li ho ringraziati. Sono persone splendide, straordinarie. Poi l’incontro con i malati.

Avevo scritto 'vescovo Giovanni' sullo scafandro e al mio 'come stai?' molti hanno risposto alzando un dito al cielo, come a dire che tutto era nelle mani del Signore. Nei sub-intensivi qualcuno mi ha chiesto la Comunione: ho spiegato che la ricevevano spiritualmente. Altri volevano la mia mano, ma non potevo stringere quelle dita. Mi sono portato dentro quel senso di solitudine. Quando siamo andati nelle terapie intensive c’erano donne e uomini intubati, alcuni in fin di vita, poi – ho saputo – deceduti. Altri mi hanno comunicato di essere convinti che ce l’avrebbero fatta. È stato molto bello. Uno di loro, ora guarito, una volta uscito mi ha scritto un messaggio di gratitudine».

In quelle stanze, l’arcivescovo ha incontrato anche un sacerdote, ormai anziano, in fin di vita. «Monsignor Carlo Colasuonno, dell’arcidiciocesi di Bari-Bitonto, per tanti anni parroco della Cattedrale di Bari, deceduto una settimana fa. Non mi ha riconosciuto ma abbiamo pregato insieme. Ho incontrato anche sacerdoti e suore provenienti dall’Albania, l’arcivescovo di Tirana... Ne sono uscito commosso. Sono affiorate domande nel mio cuore». La Puglia è particolarmente toccata dal Covid-19: attualmente sono 56mila i positivi in regione.

«Lo sguardo della Chiesa – sottolinea Ricchiuti – deve andare anche alle famiglie dei malati di Covid. Gli operatori sanitari si stanno sostituendo ai parenti per non far mancare la vicinanza, ma noi come vescovi, sacerdoti, suore, comunità cristiane abbiamo il dovere di accompagnare, incoraggiare, dare speranza. Mi auguro che questo anno di pandemia ci abbia visti idealmente sui banchi di una scuola da cui possiamo uscire diversi: riscoprire la fraternità, essere profondamente e semplicemente umani. Ammalati o sani, siamo tutti in cammino e dobbiamo imparare a darci la mano, uno con l’altro». Al «Miulli», un’eccellenza sanitaria, l’arcivescovo vede «dialogo, organizzazione e umanità, per salvaguardare il bene della persona. Dovrebbe essere così sia nel privato che nel pubblico, sempre».