Attualità

Nullità matrimoniale. Con 3 anni di convivenza per lo Stato nozze valide

Gianni Santamaria venerdì 18 luglio 2014
«La convivenza «come coniugi» è un valore riconosciuto dalla Costituzione e va tutelata come situazione giuridica di «ordine pubblico italiano», pertanto, se dura almeno tre anni, «è ostativa» del riconoscimento della nullità del matrimonio dichiarata dal giudice ecclesiastico. Il principio di diritto è stato affermato dalle sezioni unite civili della Cassazione in una vicenda giudiziaria nella quale il marito - in provincia di Venezia - si era opposto alla richiesta della moglie di far valere anche in Italia gli effetti civili della nullità dichiarata dal Tribunale ecclesiastico del Triveneto. Affermato il principio giuridico, la Suprema Corte ha tuttavia respinto il ricorso dell’uomo, poiché ha fatto valere il principio della lunga convivenza solo in Cassazione (che esercita controllo di legittimità) e non anche davanti alla Corte d’Appello di Venezia, che aveva dato ragione alla moglie. La convivenza, stabilisce la Cassazione sulla scorta della giurisdizione italiana e internazionale, è fatta di «diritti inviolabili e doveri inderogabili» e non è da intendersi come mera «coabitazione».Quali gli effetti? «Non c’è nulla di rivoluzionario. La sentenza ribadisce la visione statale sulla convivenza come elemento di ordine pubblico, sul quale le sentenze del giudice ecclesiastico non possono avere effetto. E ne stabilisce la durata, prendendo come parametro temporale quello usato per la legge sull’adozione», spiega Paolo Moneta, avvocato rotale e presidente dell’Associazione canonistica italiana. Di positivo - prosegue - c’è che viene tutelato il coniuge più debole, che per gli effetti del recepimento della sentenza ecclesiastica ne risentirebbe su questioni come, ad esempio, il pagamento degli alimenti. La Cassazione ha, infatti, «limitato il ricorso al principio della convivenza nei casi in cui sia la parte interessata ad eccepirla nel giudizio di delibazione (procedura per dare efficacia giuridica a provvedimenti emessi in un altro Stato, ndr). Tenuto conto che la maggior parte delle pratiche di delibazione sono avviate consensualmente dai due ex coniugi, la rilevanza della sentenza riguarderà solo quei casi in cui una parte verrebbe ad avere conseguenze sfavorevoli». Il giurista nota, infine, una novità: il fatto che «si possono far valere anche elementi di prova esterni alla sentenza ecclesiastica, svolgendo un’apposita istruttoria davanti alla Corte d’Appello».