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ECOLOGIA E FUTURO. Clini: «Tasse più alte per chi spreca e inquina»

Giovanni Ruggiero martedì 20 agosto 2013
Siamo qui a parlare di società “post inceneritori” e a litigare sui termovalorizzatori quando basterebbe fare un salto in Olanda, che si riscalda con i rifiuti provenienti da Napoli, per capire come conciliare profitto con la tutela dell’ambiente. Anzi, l’ambiente rende. Lo spiegano al Meeting, nell’incontro “Sostenere il futuro”, i responsabili di settori che devono coniugare questi due poli. «Non c’è crescita senza il criterio della sostenibilità ambientale», spiega Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere che modera. I nodi da sciogliere, secondo Corrado Clini, oggi direttore generale per lo Sviluppo sostenibile, sono la fiscalità ambientale e le semplificazioni della procedura per l’autorizzazione ambientale. «Ho provato da ministro – ricorda Clini – a introdurre un criterio di tassazione più incisivo: in poche parole, aumento di tasse per chi spreca e vantaggi per chi invece recupera materie ed energie». Poi l’iter burocratico: secondo l’ex ministro per l’Ambiente nel governo Monti, negli altri Paesi per le autorizzazioni ambientali occorre un tempo da cinque a dieci volte più breve di quello italiano, perché - udite, udite! - la burocrazia italiana ritiene che la lunghezza della procedura sia una garanzia per l’ambiente. È più o meno alla lettera il suo concetto. Clini si sofferma anche sull’utilizzo del Combustibile solido secondario (Css) derivato dai rifiuti in cementifici e centrali elettriche che viene ostacolato - sostiene - da «infondate obiezioni ambientaliste, fatte proprie anche da rappresentanti della maggioranza». E spiega: «Dopo una lunga procedura abbiamo concordato con la Commissione Europea le regole per la produzione di questo combustibile con il vincolo di standard severissimi. Il suo impiego nel Centro Sud avrebbero il duplice effetto di ridurre drasticamente l’uso delle discariche e consentire la sostituzione di combustibili fossili inquinanti nelle cementerie. Queste obiezioni, però, puntano ad affossare la norma e consentire, di conseguenza, la continuazione del degrado ambientale e del business milionario delle discariche per rifiuti urbani e speciali che rappresentano uno scandalo in tutta Europa». La nostra industria ha mostrato di saper recuperare e valorizzare gli scarti di produzione e delle componenti riciclabili dei rifiuti urbani: «Le norme ambientali – conclude – devono facilitare questa attitudine industriale che è anche il miglior antidoto sia contro la gestione malavitosa dei rifiuti pericolosi sia contro la persistente utilizzazione nelle regioni del Centro Sud delle discariche come impianto principale per lo smaltimento dei rifiuti urbani, contro le direttive europee e le stesse leggi nazionali».Un dato offerto da Maurizio Chiarini, ad del Gruppo Hera, conferma questa situazione: il 48 per cento dei nostri rifiuti è smaltito nelle discariche. Troppo poco rispetto al 60 per cento degli altri Paesi europei. Per il manager c’è ancora troppa impreparazione o troppa ideologia sull’argomento rifiuti. Che fare, dunque, per coniugare profitto e ambiente, in una parola fondare una vera green economy? Rispondono: recuperare le aree di eccellenza, quella dell’economia non statalizzata, e i distretti. Secondo Francesco Confuorti, presidente e ad di Advantage Financial, «se si aggiunge il criterio della sostenibilità, il prodotto italiano crea un valore aggiunto che aprirebbe sempre nuovi e maggiori mercati». Confuorti, in particolare, fa riferimento al settore turistico e alla manifattura di lusso. L’agricoltura è paradigma di questa combinazione che può essere sballata o virtuosa. Mario Guidi è il presidente di Confindustria. Ricorda che la chimica ha consentito di sfamare l’Europa uscita dalla guerra aumentando la produzione agricola. Oggi però vanno garantiti sistemi di sicurezza, vanno gestite le risorse in modo sostenibile e vanno contenuti gli effetti climatici legati alla produzione agricola. «Tutti noi siamo parte del problema, ma parte della soluzione – dice Leo Wencel, presidente e ad di Nestlè Italia –. La sostenibilità non può essere un hobby. Per i nostri figli significa l’essere o il non essere». La sostenibilità, vale a dire, è il futuro.