Attualità

Intervista. «Chiedo alla politica italiana di mettersi al fianco della vita»

Francesco Ognibene domenica 16 febbraio 2014
Tre lettere per l’embrione. Carlo Casini riprende l’iniziativa con entusiasmo e decisione – com’è nel suo stile – per sostenere il percor­so della petizione popolare «Uno di noi», che sta per affrontare il non fa­cile vaglio delle istituzioni europee. Lo fa scrivendo a tutti i senatori e de­putati italiani, ai leder delle forma­zioni che si riconoscono nella famiglia del Partito popolare e – con tono fran­co e diretto – al segretario del Partito democratico nonché premier in pec­tore Matteo Renzi, fiorentino come lui, e che come lui guarda a Giorgio La Pira come riferimento politico e i­deale. Le tre lettere inviate da Casini, pro­prio in questi giorni di acque politiche particolarmente agitate, mirano a un solo obiettivo: rimettere al centro del confronto politico la vita umana co­me diritto primario, valore discrimi­nante, tema che offre un metro credi­bile e fondato per ogni altra emer­genza, dal lavoro all’economia, e che può unire i cattolici pur impegnati in formazioni differenti. Il presidente del Movimento per la vita, europarla­mentare (del Ppe) tra i più attivi, suo­na la sveglia a chi, dopo il grande suc­cesso della raccolta di firme per il ri­conoscimento dell’embrione come «Uno di noi», ha forse pensato che il più fosse fatto. Perché queste tre lettere? Per ricordare alla politica e all’opinio­ne pubblica che la questione del con­cepito come persona umana oggi è cruciale. Come dice il Papa, è un te­ma che va posto sul piano dei diritti umani. E con questo approccio pun­to a trovare il massimo del consenso possibile. Lei scrive anche a Matteo Renzi. Co­sa vuole ottenere? Lo conosco bene, sin dagli anni della sua militanza giovanile nell’associa­zionismo cattolico. A lungo nel suo passato ha mostrato di condividere la sensibilità sul tema della vita umana, e ha poi evidenziato coraggio su tan­te questioni. Vorrei portarlo a pren­dere una posizione coerente e libera anche sulla vita umana. Parlando a Renzi si rivolge anche al­la sinistra... Certo, e la invito a vedere nella tutela della vita umana più indifesa il sim­bolo stesso del solidarismo nel quale essa si riconosce. Ai parlamentari italiani e ai leader di partiti che militano nel Ppe cosa pro­pone? La mia priorità è ritrovare un punto di contatto tra i cattolici sparpagliati nei vari partiti. A tutti loro chiedo: ci cre­diamo o no che l’essere umano è tale fin dal concepimento? È il momento di dimostrarlo, di dare gambe a un principio che non può essere solo e­nunciato in astratto ma che deve cam­minare nella storia. La vita umana, co­me più volte ha ricordato il cardinale Bagnasco, è il diritto che fonda tutti gli altri. E la sua promozione non può es­sere rimandata a un domani che non viene mai. La politica mostri di non es­sere solo tattica, e ritrovi un respiro più grande e coinvolgente. Ecco per­ché ho inviato le tre lettere proprio in un momento come questo. Come si mettono le cose per «Uno di noi» tra Bruxelles e Strasburgo? I governi dei Paesi membri stanno completando la verifica delle firme presentate dai comitati nazionali, con un tasso elevatissimo di validazioni. La media europea di firme certificate è oltre l’80%, in Italia le firme non ri­tenute presentabili sono una quota addirittura trascurabile: siamo al 98% di adesioni che hanno ottenuto il via libera ufficiale. Le firme a supporto della petizione sono quindi attorno al milione e 800mila, un terzo delle qua­li italiane, molto al di là non solo del minimo richiesto (un milione, ndr ) ma anche di altre petizioni popolari presentate alla Ue, la prima delle quali – quel­la sull’acqua potabile come bene pubblico, che ha comunque rac­colto meno firme della nostra – affronta l’esa­me della Commissione proprio domani. Un te­st interessante anche per «Uno di noi». Cosa deve succedere ora? Il turno della petizione a difesa del­l’embrione arriverà ad aprile: per al­lora dovremo avere raccolto il soste­gno numericamente largo e qualifi­cato dei politici, ma anche di giuristi e medici. I parlamentari italiani, con il loro impegno al fianco della peti­zione, possono dare l’esempio ai col­leghi di altri Paesi. Penso a una mobi­litazione europea di uomini e donne della politica e delle professioni che diano forza alla voce della gente che ha parlato chiaro. Parlamento euro­peo e Commissione infatti non sono obbligate a recepire un’istanza pur co­sì ampiamente sostenuta dai cittadi­ni. Gli italiani che hanno firmato la pe­tizione cosa possono fare ancora? Devono sapere che abbiamo com­pletato solo la prima tappa, con un successo incredibile e uno sforzo commovente, ma che c’è ancora mol­ta strada da fare. Abbiamo ragione di essere ottimisti: alla vigilia delle ele­zioni europee non credo che l’Euro­parlamento voglia mandare un se­gnale di disinteresse verso un’inizia­tiva popolare così ampiamente so­stenuta. Ma a tutti chiedo di restare informati, attraverso Avvenire e altre fonti come Sì alla vita , selezionando le proprie fonti. E di sentirsi impegnati come noi che siamo 'sul fronte'. L’Eu­ropa che verrà è nelle nostre mani: ab­biamo l’occasione per riportarla ai tra­guardi ideali dai quali è nata. E sul ri­conoscimento dell’embrione come 'uno di noi' i cattolici italiani ed eu­ropei possono davvero tornare pro­tagonisti.