Attualità

La ricerca. Chi vince in matematica non cede alle macchinette

Silvia Camisasca martedì 18 aprile 2017

La conferma 'statistica' e ufficiale dell’ipotesi secondo cui gli studenti con voti migliori in matematica mostrano minor interesse al gioco d’azzardo e, conseguentemente, ne saranno toccati con scarsa probabilità, ad alcuni potrà suonare ovvia. Ma tale finora non era. La validità scientifica della teoria è arrivata dai risultati dell’indagine condotta nel 2016 con la collaborazione tra l’Ateneo di Bologna e di Nomisma nell’ambito della campagna dell’Osservatorio 'Young Millennials Monitor - Giovani e Gioco d’Azzardo': un’inchiesta a largo spettro su un campione di oltre 11 mila giovani tra i 14 e i 19 anni ed efficace nel cogliere meccanismi inediti a monte del gioco d’azzardo. Scorrendo i dati, emergono diversi aspetti: alcuni preoccupanti, altri incoraggianti.

Si scopre, ad esempio, che tra gli studenti i 'frequent players', coloro che cioè giocano più volte in una settimana, sono ben il 17%. Non tutti i giovani, inoltre, sono ugualmente esposti all’azzardo: con il 59% i maschi si mostrano decisamente più propensi rispetto alle coetanee (38%), così come altro fattore di incidenza non ininfluente risulta l’area geografica di provenienza: a una distribuzione del 54% di giovani giocatori del Centro-Sud corrisponde una media del 42% al Nord. Oltre a genere e provenienza, emergono con chiarezza altri elementi discriminanti: se, come atteso (essendo per legge vietato tra i minorenni), l’azzardo risulta più diffuso tra i maggiorenni (53%), è preoccupante il 47% di under 18 dediti al gioco.

E a seguire, si nota che anche il corso di studi è condizionante, prevalgono i giocatori tra gli studenti di istituti tecnici e professionali che tra i liceali (52 e 42%). E, a quanto pare, parecchio conta l’esempio in famiglia, se a giocare sono più disposti i figli di genitori con l’abitudine al gioco (64 a 9!). Infine, dall’inchiesta emerge la diretta correlazione tra disposizione al gioco e rendimento scolastico negli studi matematici: tra chi ha mediamente votazioni insufficienti la quota di giocatori è del 51%, mentre si attesta al 46% tra gli studenti con la 'media' dell’8 o più.

Anche il possesso di specifiche competenze probabilistiche aiuta a tenere lontano dall’azzardo: la quota di giocatori del 55% tra chi non è in grado di risolvere semplici quesiti probabilistici si riduce al 46 tra chi è più abile. Veniamo, dunque, a sapere che matematica e probabilità -o, forse, più in generale, cultura e senso critico- ci rendono meno vulnerabili al gioco d’azzardo. Ma ci proteggono solo da questo o ci aiutano a destreggiarci in diverse situazioni della vita? A questo punto, è utile ricordare lo psicologo tedesco Gerd Gigerenzer che ammonisce a non confondere il mondo del certo, del rischio e dell’incerto: e, a scanso di equivoci, cosa sia il primo, è efficacemente espresso da Franklin, secondo cui 'nulla può dirsi certo, a parte la morte e le tasse'. Il gioco d’azzardo è l’unico esempio di rischio, di un mondo, cioè, in cui le alternative, le conseguenze e le probabilità sono ben note, perché, scommettendo 1 euro sul rosso al tavolo della roulette, conosciamo già le due possibilità: rosso o nero. Così come note sono le conseguenze: con il rosso, ci ritroveremo 2 euro, con il nero nulla.

Addirittura possiamo calcolare la probabilità di ciascuna alternativa: 18 su 37 quella di un numero rosso, 19 su 37 che avvenga diversamente. Nel campo del rischio, dove le scelte sono convenienti o meno, un semplice calcolo matematico può aiutare a comprendere se ci si trova di fronte alla strada giusta. Per questo la matematica può dare una grossa mano - ne abbiamo avuto una conferma sperimentale con i risultati dell’indagine di Nomisma - perché può spiegarci, ad esempio, che nella roulette come in tutti gli altri giochi d’azzardo, le probabilità e i relativi incassi sono studiati in modo da far perdere qualsiasi giocatore, che sia più o meno fortunato, dopo un gran numero di giocate. Peccato, però, che il gioco d’azzardo non serva nemmeno come palestra per allenarsi all’esercizio della vita, durante la quale non capiterà mai di muoverci nella sfera del rischio -se non giocando d’azzardo, appunto- ma in quella, ben più vasta e sfumata, dell’incerto.