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Droga. Chi era il magistrato anti narcos ucciso. Dall'Italia attenzione sul Paraguay

Antonio M. Mira giovedì 12 maggio 2022

L'identikit di uno degli aggressori, alto circa 1,74, con accento caraibico non colombiano e con un cappello tipo Panama, diffuso dalla Polizia della Colombia. Il direttore, generale Jorge Vargas, ha annunciato una taglia di due miliardi di pesos (oltre 460.000 euro) per chi offrirà informazioni utili a catturare i killer del pm antidroga paraguaiano Marcelo Pecci, ucciso ieri mentre era in viaggio di nozze su un'isola al largo di Cartagena de Indias

Marcelo Pecci, il magistrato antidroga del Paraguay ucciso martedì in Colombia dove era in viaggio di nozze, doveva venire a Roma la settimana scorsa per partecipare a un forum internazionale sul narcotraffico di magistrati e vertici delle polizie. “È venuta una delegazione ma non lui. È rimasto in Paraguay perché doveva sposarsi e poi andare in viaggio di nozze. Se fosse venuto forse non lo avrebbero ammazzato, almeno non così”, commenta amaramente un alto ufficiale italiano che ha contribuito all’organizzazione dell’incontro.

Il forum è stato promosso del George Marshall Center, uno dei cinque centri regionali del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che si trova in Germania e si occupa di cooperazione internazionale di polizia, giudiziaria, sicurezza. Raccoglie adesioni di tutto il mondo e infatti nella Scuola ufficiali dei Carabinieri dove si è svolto, erano presenti esperti di narcotraffico di tutti i continenti, compreso il vicecapo della Polizia, Vittorio Rizzi, capo della Criminalpol.

“Un’occasione per conoscersi meglio e per migliorare la collaborazione”, ci spiega ancora il superinvestigatore italiano. Pecci era ben conosciuto in Italia. “Era oggettivamente bravo, molto impegnato contro il narcotraffico. Sicuramente un omicidio serio di criminalità organizzata. Lui del Paraguay ucciso in Colombia e quindi non è da escludere una collaborazione tra gruppi diversi”.

Il magistrato Marcelo Pecci - Ansa

C’è molta attenzione degli investigatori italiani sul Paraguay dove alcuni di loro sono stati proprio recentemente. “Il Paraguay, come l’Equador, è territorio di stoccaggio e commercializzazione della cocaina prodotta in Colombia, Perù, Argentina, Brasile - ci spiega ancora l’alto ufficiale -. I cartelli sudamericani non hanno una collocazione geografica limitatamente a un territorio. C’è una rete di cartelli, soprattutto colombiani ma anche peruviani, venezuelani, brasiliani, paraguayani tutti collegati. Non c’è attualmente una guerra evidente tra loro. La contrapposizione è stata superata da tempo.

Il Paraguay è un Paese che sta cercando di rialzare la testa, di fare la lotta al narcotraffico, ed è ovvio che gli interessi della criminalità organizzata vengono messi in pericolo. Per questo dico che l’omicidio potrebbe vedere un interesse comune di cartelli paraguayani e colombiani”. Ma in Paraguay, denuncia, “c’è un problema serio a 360 gradi. Lì è un disastro, corruzione, omicidi. All’ordine del giorno. Eppure i magistrati non sono scortati. C’è corruzione anche tra loro e quelli buoni li ammazzano. La situazione è peggiorata perché c'è il mondo carcerario che sta implodendo. Comandano dal carcere. Diecimila volte peggio di Cutolo”.

Mentre il mercato della cocaina è floridissimo, malgrado il Covid. “I depositi sono pieni di migliaia di tonnellate di cocaina che stanno inondando il mercato. In Italia dall’inizio dell’anno abbiamo già sequestrato 13 tonnellate di cocaina, più di tutto il 2020. È aumentata domanda e offerta, e si sono abbassati i prezzi. E tutto un mondo che ci nuota. Un affare sempre più miliardario ma - si sfoga l’alto ufficiale - la droga sembra non interessare più nessuno, non se ne parla più. Stiamo diventando indifferenti”. Mentre mafie e narcos uccidono i bravi magistrati.