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Elezioni. Pd: risolti i rompicapi delle liste. Ripescati Ceccanti e Amendola

Marco Iasevoli martedì 23 agosto 2022

REcuperato dal Pd. Il costituzionalista Stefano Ceccanti

Risolti nel fine settimana i grattacapi interni al Pd, con i "ripescaggi" in particolare di Enzo Amendola e Stefano Ceccanti, ieri Enrico Letta ha fatto da regista nell’ultima, delicata partita: quella dei collegi uninominali da assegnare agli alleati. In particolare, andava sciolto il rebus-Di Maio: per lui si è scelto, infine, il collegio uninominale di Napoli-Fuorigrotta, a 13 km dalla sua Pomigliano. Era nella città natìa che l’ex enfant prodige grillino doveva mettere inizialmente nome e cognome sulla scheda, ma alla fine anche i luoghi da cui tutto è nato si sono mostrati politicamente ostili. Di Maio cerca dunque nel centro di Napoli la sua boa di salvataggio, sebbene non rinunci del tutto a Pomigliano, dove comunque figurerà al numero uno del listino proporzionale.

Ma è l’intero puzzle di Impegno civico la nota dolente del centrosinistra nell’ultima giornata utile a presentare le liste. Evidente il tentativo di Di Maio di blindare alcuni fedelissimi come Vincenzo Spadafora, Laura Castelli e Lucia Azzolina, quest’ultime, siciliane, portate ai vertici dei listini piemontesi. In serata alcuni parlamentari che hanno seguito il ministro degli Esteri nell’avventura della scissione, come Antonio Lombardo, iniziano a sfilarsi dal partito. Si fa da parte per non accettare un posto da riempilista anche un fedelissimo di Di Maio, Gianfranco Di Sarno. Inoltre, puntualmente, dove Impegno civico ha schierato i big M5s ha contrapposto nomi forti in una sorta di marcatura a uomo. Lo stesso Di Maio troverà nel suo collegio uninominale l’ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa.

Certo indietro, Enrico Letta, non può tornare. Ieri ha ammesso la "colpa" di aver perso tempo «un mese dietro a Conte» per evitare la crisi, poi altro tempo «dietro a Calenda». I tre, Conte, Calenda e Renzi, «hanno pensato a se stessi», dice Letta. Non si fa attendere la risposta da Calenda: «Letta voleva andare con noi e anche con Fratoianni, poi con i 5s no ma in Sicilia sì e ora è stato abbandonato anche lì... una gestione politica dilettantistica».

Per quanto riguarda gli altri alleati del Pd, Nicola Fratoianni - il cui passo indietro a Pisa ha consentito il rientro del costituzionalista dem Stefano Ceccanti - alla fine rinuncia a un collegio uninominale "blindato" o "contendibile" e si mette alla testa delle liste proporzionale di Verdi-Sinistra italiana in Toscana, per la Camera. Insomma la sua elezione è legata al risultato della lista. Fratoianni punta molto sulla candidatura di Ilaria Cucchi, che per il Senato sarà schierata in Toscana, Lombardia, Puglia, Lazio e Campania.

Forte spinta anche alla candidatura del sindacalista Soumaoro, capolista sia in Puglia che in Lombardia. Mentre il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, non rinuncia all’occasione di rappresentare la coalizione di centrosinistra nel collegio uninominale "forte" di Imola.
Ancora nell’orbita dem, se Paolo Ciani di Demos il posto se lo dovrà conquistare in uno degli uninominali di Roma, Roberto Speranza invece lo riceverà in dote dagli elettori campani nel proporzionale, per il disappunto del governatore Vincenzo De Luca, il quale però ha la garanzia di vedere rieletto il figlio Piero.

Tornando a Letta, è lui uno dei leader - insieme a Salvini, Conte e Renzi - che ha preferito non correre negli uninominali. Il segretario sarà capolista nel plurinominale in Lombardia e Veneto per la Camera. Al Senato, in Lombardia, confermata la corsa dell’economista Carlo Cottarelli sia per la parte proporzionale del Senato sia nell’uninominale di Cremona.

Pochi i duelli "faccia a faccia" negli uninominali, ma nel proporzionale alla Camera di Roma centro i capilista di Pd e Fdi saranno Nicola Zingaretti e Giorgia Meloni, che quindi incroceranno i guantoni più volte lungo la campagna elettorale. Tra gli ex pentastellati che hanno lasciato M5s solo a crisi consumata, Davide Crippa trova un posto da indipendente negli uninominali campani mentre l’ex ministro Federico D’Incà si chiama fuori.