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Medicina. Caviglia ricostruita in 3D al Rizzoli di Bologna

Fulvio Fulvi martedì 14 gennaio 2020

Sono partiti dall'anatomia del paziente, che era considerato inoperabile, e hanno messo in atto una tecnica innovativa per ricostruire una sua caviglia con l'ausilio di una stampante in 3D. La protesi che ne risulta è praticamente perfetta, in quando realizzata proprio "su misura" e incastrata tra il collo del piede e la tibia, cioè nella parte di osso frantumato che è stata rimossa. Il lavoro, finora unico al mondo, è stato svolto da un'équipe di chirurghi ortopedici e di ingegneri dell'istituto Rizzoli e dell'Università di Bologna. Il gruppo è stato coordinato dal professor Cesare Faldini, direttore della Clinica Ortopedia 1 del nosocomio felsineo. Il paziente sul quale è stata impiantata la protesi è un uomo di 57 anni, lombardo, che aveva perso la funzionalità articolari della caviglia in seguito a un grave incidente in moto nel quale era rimasto convolto nel 2007. Doveva essere amputato, ma grazie all'intervento, eseguito il 9 ottobre scorso (ma solo oggi ne è stato presentato ufficialmente l'esito) l'uomo è tornato a camminare a muovere il piede normalmente.

Una Tac alla caviglia effettuata in posizione eretta ha consentito la produzione in tre dimensioni del modello che in laboratorio e in digitale è stato poi limato fino a diventare una protesi perfetta per l'anatomia del paziente. Poi è stato stampato un prototipo sia dell'osso sia della protesi, per le prove manuali finali. Individuata la messa a punto migliore, il modello è stato inviato a un'azienda esterna che ha realizzato la protesi in lega di metallo biocompatibile, pronta per essere impiantata. L'operazione vera e propria è durata appena un'ora, con tecnica mini-invasiva attraverso l'utilizzo di guide personalizzate, sempre stampate in 3D, i chirurghi hanno potuto rimuovere solo le parti di osso e cartilagine danneggiate. Già in sala operatoria, a fine intervento, i medici hanno potuto verificare il recupero del movimento della caviglia. In quattro settimane l'osso intorno alla protesi è ricresciuto è0 il paziente è tornato a camminare in modo corretto.

"Per alcuni anni - ha spiegato il professor Faldini - il paziente ha girato tutta Italia senza mai trovare una soluzione al suo problema". Grazie a questa innovazione, invece, ora "abbiamo la possibilità di fare lo stesso per altri pazienti e su grossi numeri", sottolinea Alberto Leardini, direttor edle laboratorio di analisi. Nel primo anno di sperimentazione, al Rizzoli contano di operare altri 20 pazienti con questa tecnologia. "La lista di richieste è ampia e su scala nazionale - afferma Faldini - perchè non ci sono risposte a questo problema. Abbiamo selezionato i primi 20 sulla base delle loro caratteristiche anatomiche e per gravità dei casi". Usare su larga scala questa tecnica permetterà al Rizzoli anche di ammortizzare i costi, che oggi si aggirano sui 5.000 euro, ovvero il doppio di una protesi standard. "Siamo molto orgogliosi di questo intervento", plaude il direttore del Rizzoli, Mario Cavalli.