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Il processo. Caso Attanasio, il governo ha tre giorni per decidere sulla parte civile

Diego Motta lunedì 29 maggio 2023

Luca Attanasio durante il suo impegno di ambasciatore in Congo

Davvero lo Stato italiano rischia di lasciare sola la famiglia Attanasio? Mancano tre giorni alla nuova udienza del processo che vede imputati per omicidio colposo, imperizia e omesse cautele due funzionari del Pam, il Programma alimentare mondiale. Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza sono accusati di non avere garantito la sicurezza dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo il 22 febbraio 2021 insieme all’autista Mustapha Milambo. A oggi il governo non ha ancora deciso se costituirsi parte civile nel processo, una scelta che è considerata fondamentale da familiari e legali delle vittime. Questo silenzio è ancor più assordante da quando i difensori dei due accusati hanno sostenuto che i loro assistiti sarebbero coperti dall’immunità. Il Pam cioè non riconoscerebbe la giurisdizione italiana nei confronti dei suoi funzionari.

Tra irreperibilità e restrizioni

Mancano settantadue ore all’udienza e il rischio concreto è quello di lasciare solo il pubblico ministero. Da una parte gli avvocati di Rwagaza hanno già dichiarato che il loro cliente è irreperibile e, rispetto alla mancata notifica degli atti, hanno affermato che spetta alla Procura effettuarla nuovamente nel luogo di lavoro dell'indagato che è cittadino congolese. Una richiesta che per il procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, potrebbe portare ad un allungamento dei tempi sullo svolgimento del processo. Resta poi il nodo dell’immunità diplomatica. In cosa consiste? Si tratta di un insieme di restrizioni all’esercizio delle prerogative statali, imposte dal diritto internazionale per permettere al personale delle Nazioni Unite, in questo caso, di esercitare liberamente le loro funzioni nello Stato che li ospita. Di fatto, nella vicenda si tradurrebbe in una sorta di salvacondotto necessario per gli imputati per uscire indenni dal procedimento giudiziario.

Il fronte italiano e quello congolese

Se non dovesse arrivare un segnale da parte di Palazzo Chigi (che sta valutando il dossier in concerto con i ministeri degli Esteri e della Difesa) si giungerebbe a un esito diverso rispetto al procedimento parallelo che in questi mesi si è svolto in Congo, dove invece l’Italia si costituì parte civile. In quel caso, furono accusati e condannati all’ergastolo sei cittadini del Paese africano, ritenuti gli autori materiali dell’omicidio. Ovviamente, i timori dell’esecutivo sono legati alla possibile violazione degli accordi in essere con le agenzie Onu che secondo i trattati garantiscono al personale diplomatico immunità giurisdizionale di qualsiasi genere “per tutti gli atti compiuti nell’esercizio” delle proprie funzioni. I rapporti tra uno Stato e le Nazioni Unite, peraltro, sono materia delicata, sia dal punto di vista politico-istituzionale che dal punto di vista economico.

La posizione del governo e quella della famiglia

Per il momento, le famiglie Attanasio e Iacovacci aspettano segnali dall’esecutivo. In occasione del secondo anniversario della morte, lo scorso 22 febbraio, le più alte cariche dello Stato avevano reso omaggio alla figura dei due uomini morti durante il compimento della loro missione, che avevano interpretato innanzitutto come servizio per gli ultimi. “La nostra Nazione con orgoglio può rendere omaggio al sacrificio di due servitori dello Stato” disse in quella circostanza, tra gli altri, la premier Giorgia Meloni. Tra le ipotesi allo studio, per uscire dall’impasse della costituzione di parte civile, potrebbe esserci anche quella della presenza dell’Avvocatura dello Stato durante le udienze. Ciò che importa per Salvatore Attanasio, papà di Luca, che da oltre due anni chiede giustizia e verità per suo figlio, è “far vedere che lo Stato c’è, essendo lo Stato in questa vicenda parte lesa”. Mancano solo poche ore e sapremo quale risposta avrà dato il governo.