Attualità

Migranti. Caso Asso 28, processo per il respingimento di 101 persone. Ecco gli audio

Nello Scavo venerdì 17 luglio 2020

Per la prima volta in Italia ci sarà un processo con l’accusa di avere eseguito un respingimento di massa illegale verso la Libia: 101 migranti e potenziali richiedenti asilo tra cui minori non accompagnati. La procura di Napoli ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio per il comandante della nave Asso 28 e per un rappresentante dell’armatore.

A disposizione dei magistrati, oltre alle indagini svolte dalla capitaneria di porto di Napoli, ci sono anche le registrazioni audio delle conversazioni radio ascoltate il 30 luglio 2018 dalla nave Open Arms. Le comunicazioni ottenute da Avvenire (è possibile ascoltarle sul nostro sito) restituiscono la drammaticità di quelle ore e il tentativo di fornire informazioni dubbie. Non bastasse, a bordo della Open Arms in quel momento a svolgere il turno d’osservazione e ascolto c’era un testimone d’eccezione, il parlamentare di Leu Nicola Fratoianni, ascoltato dai magistrati nei mesi scorsi come persona informata dei fatti.

“Alla nostra richiesta di fornirci i dettagli delle posizioni, ci diedero indicazioni pocho chiare - ricorda il capomissione di Open Arms, Riccardo Gatti -. Questo per farci allontanare, ma poi abbiamo capito che era successo qualcosa di strano”. E’ proprio Gatti quel tardo pomeriggio a contattare la Asso 28 per chiedere chiarimenti. Le risposte fornite dal ponte di comando del rimorchiatore italiano non coincidono però con le rilevazioni successive.

I magistrati Barbara Aprea e Giuseppe Tittaferrante, con il coordinamento del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, nei prossimi giorni potrebbero ottenere nuovi riscontri su episodi precedenti. Molte sono infatti le segnalazioni che fanno pensare a una dinamica non occasionale, ma a sistematici interventi di respingimento, per i quali in passato le autorità italiane erano già state condannate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Sulla vicenda era intervenuta l’Eni lo stesso giorno del respingimento, smentendo di essere stata coinvolta nell’episodio, ma fornendo una serie di precisazioni che secondo gli investigatori sono contraddette dagli esiti delle indagini. "La nave Asso 28 che opera per conto della società Mellitah Oil & Gas (gestita da Noc, la compagnia petrolifera statale libica di cui Eni è azionista, ndr) a supporto della piattaforma di Sabratah - spiegò il 30 luglio 2018 un portavoce all’Ansa - ha prestato soccorso ad un barcone con a bordo 101 migranti arrivato in prossimità della piattaforma a causa di condizioni meteo avverse”. L'operazione di soccorso “è stata gestita interamente dalla Guardia Costiera Libica che ha imposto al comandante dell'Asso 28 di riportare i migranti in Libia”. Questa affermazione non solo non ha trovato conferme documentali, ma è stata smentita anche dalle indagini svolte dalla Guardia costiera di Napoli su delega della procura partenopea. “Durante il trasferimento verso Tripoli a bordo della nave era presente anche un rappresentante della guardia costiera libica. La Guardia costiera libica - insistevano fonti vicine alla compagnia di navigazione - presidia ogni piattaforma che opera nelle sue acque territoriali e ha gestito l'operazione di soccorso in totale autonomia”.

Nonostante la mole di precisazioni, indagati e testimoni non sono stati in grado di fornire riscontri verificabili. Sul registro di bordo della nave non compare alcun nome di ufficiale libico. Ma due mesi dopo, quando oramai l’inchiesta è avviata, vengono prodotti documenti stavolta con nome e cognome. Carte che però non possono essere verificate.

I nastri ascoltati da Avvenire sono eloquenti. Spesso si sente in sottofondo proprio Fratoianni, mentre il capomissione Gatti insiste con la Asso 28 per ottenere dettagli sulle operazioni. “Ci dissero di avere avuto indicazione di recarsi in Libia - ricorda Nicola Fratoianni - per ordine dei loro responsabili sulla piattaforma. Quando alla Asso 28 ricordammo che i respingimenti sono illegali, il comandante ci rispose con imbarazzo, come se costretto a subire un ordine da molto in alto”. E forse nel corso del processo si scoprirà chi diede davvero quell’ordine.