Attualità

Dietro le sbarre. Suicidi in carcere, un'estate nera

Ilaria Sesana martedì 1 settembre 2015
Si continua a morire nelle carceri italiane. Nella notte tra domenica e ieri Giorgio S., 50 anni, si è tolto la vita impiccandosi poche ore dopo essere entrato nel carcere del Bassone di Como. Non hanno potuto fare nulla gli agenti di polizia penitenziaria che hanno trovato troppo tardi il corpo dell’uomo: i disperati tentativi di rianimarlo non sono serviti. Giorgio S. era stato portato nel penitenziario solo poche ore prima, con un carico pesantissimo di accuse: sequestro di persona, violenza sessuale e tentato omicidio ai danni dell’ex convivente. Sale così a 32 il numero dei suicidi nei penitenziari italiani dall’inizio dell’anno. L’ultima morte – forse – di questa estate particolarmente difficile nelle carceri durante la quale ben 12 persone si sono tolte la vita tra i mesi di luglio e agosto. Appena cinque giorni prima del suicidio del Bassone, era stata la volta di un ragazzo catanese di 32 anni: l’affidamento in prova ai servizi sociali non era andato bene e così Remo R. era tornato dietro le sbarre nel carcere di Gela dove si è tolto la vita, il 26 agosto scorso, impiccandosi. A Ferragosto la morte di una ragazza di 27 anni che si è tolta la vita a Pisa: aveva alle spalle appena due settimane di detenzione. Mentre nel carcere romano di Regina Coeli, tra il 19 e il 20 luglio, due persone si sono tolte la vita: un ragazzo romeno di 18 anni e Ludovico C., l’uomo arrestato meno di 24 ore prima con l’accusa di aver ucciso un gioielliere romano durante una rapina. «L’estate è un momento particolarmente difficile per chi si trova in carcere», commenta Ornella Favero, volontaria e direttrice della rivista "Ristretti orizzonti", curata da un gruppo di detenuti del "Due Palazzi" di Padova. Sovraffollamento e caldo rendono più difficile sopportare le giornate in cella. Soprattutto quando le temperature sono elevate come negli ultimi mesi. Al caldo, agli spazi limitati e ai disagi che affliggono le celle italiane bisogna poi aggiungere il "vuoto" di attività che caratterizza la quasi totalità degli istituti di pena. «Le attività trattamentali si interrompono da giugno a settembre. In alcuni casi fino a ottobre. E questo succede in un momento dell’anno difficile soprattutto per chi è solo e lontano dalla famiglia. Interrompere completamente le attività è una follia», dice Favero. Anche le attività di volontariato – spesso – si fermano: vuoi per un calo della presenza, vuoi per la riduzione del numero di agenti di polizia penitenziaria a causa delle ferie. Prevenire i suicidi in carcere resta un compito difficile. Spesso non basta aumentare la sorveglianza per i più giovani e per coloro che si trovano per la prima volta a fare i conti con la detenzione. Lo stesso vale per coloro che, dopo anni di carcere, sono prossimi al fine pena: in tanti, vinti dall’ansia e dalla paura del "vuoto" che li attende fuori dalla cella, si sono tolti la vita. «Ci sono tante situazioni complesse anche durante la detenzione», spiega Ornella Favero, che torna a rivendicare con forza la battaglia di "Ristretti Orizzonti" per ampliare i momenti e gli spazi per i colloqui tra detenuti e famiglie. «Un provvedimento che non costa nulla, ma che porterebbe grandi benefici», sottolinea. Ad esempio la possibilità – già sperimentata al "Due Palazzi" – per i detenuti che non possono fare i colloqui con le famiglie a causa della distanza, di usufruire di una video-chat via Skype. Opportunità di cui beneficiano soprattutto gli stranieri, ma anche chi ha lasciato la famiglia in Sicilia o in Calabria. A Padova, inoltre, il direttore ha concesso la possibilità per i detenuti di fare due telefonate in più rispetto alle quattro consentite dal regolamento. «La vera prevenzione consiste nel rafforzare tutto ciò che rende la vita carceraria più umana – conclude Favero –. A volte, sentire la voce di una persona cui vuoi bene in un momento difficile può fare la differenza».