Attualità

INTERVISTA. Cantone: «Non basta togliere qualche nome per tenere fuori le mafie»

Antonio Maria Mira martedì 22 gennaio 2013
​«E’ un primo passo ineludibile, ma non può bastare per tenere fuori mafie e malaffare dalla politica. Però se non lo facciamo diventa più difficile chiedere il resto». Così Raffaele Cantone, magistrato di Cassazione, dopo anni di prima linea nella lotta alla camorra, analizza la scelta delle "liste pulite". Liste dove poteva esserci anche lui, corteggiato più volte dal Pd, ma, spiega, «è opportuno che io continui a fare quello che sto facendo. Non escludo in un futuro... Ma credo che fare il magistrato sia un lavoro sul quale vale ancora la pena investire impegno e sacrifici». Che per lui vuol dire una vita blindata da quindici anni.Dunque la pulizia nelle liste va bene?Dopo averla chiesta per anni, mi sembra eccessivo lamentarsi di quello che si sta facendo. Vediamo il bicchiere mezzo pieno: finalmente si è cominciato. Ma restano troppi problemi. Le scorie che certe vicende stanno lasciando, da una parte e dall’altra, sono la dimostrazione che l’argomento non è sentito, altrimenti sarebbero dovute andare lisce come l’olio. E poi spesso questi meccanismi positivi di "epurazione" eliminano le situazioni di assoluta impresentabilità dietro le quali si può nascondere ben altro....Insomma non basterà...Le indagini giudiziarie da sole non sono sufficienti. Una valutazione dei fatti avrebbe dovuto imporre certe scelte, indipendentemente dai singoli nomi. Anche perché, non vorrei sembrare un ingenuo, stiamo parlando di posti nei quali i soggetti non andrebbero a ricoprire solo uffici ma a svolgere funzioni nell’interesse degli altri.È necessaria qualche modifica legislativa?Su questi temi è difficile trovare norme che possano reggere al vaglio della Costituzione perché giustamente è in ballo il principio della presunzione di non colpevolezza. Però siamo arrivati a un punto tale che diventa indispensabile utilizzare anche norme più rigorose. Anche perché regole di moral suasion non funzionano.E le norme sull’incandidabilità previste dal decreto anticorruzione?Sono poca cosa, una minestra riscaldata. Serve di più, ma l’incompatibilità col solo rinvio a giudizio o la condanna in primo grado ha un senso solo se comprimiamo i diritti delle persone per un tempo ragionevole. E qui andiamo a finire sul problema della durata dei processi che diventa l’alibi per ogni questione. Dunque norme draconiane sono indispensabili però dovrebbero coniugarsi con tempi dei processi decenti. Stiamo parlando di uno dei diritti più importanti: l’elettorato passivo è il sale della democrazia. Quelli in gioco sono davvero valori cardine e non li possiamo mettere a cuor leggero in discussione.È sufficiente avere liste pulite per tenere fuori il malaffare dalla politica?Non è sufficiente. I meccanismi per avvicinare certi mondi sono i più vari e non necessariamente passano per i certificati penali. E poi ricordiamo che i problemi maggiori ci sono soprattutto nelle elezioni locali dove l’attenzione è molto più bassa. Qui si gioca il vero potere delle mafie. Un assessore o un consigliere regionale può contare cento volte più di un parlamentare.Le mafie di fronte a questa ventata di pulizia dei partiti cosa faranno?Le mafie sono in difficoltà, però è chiaro che proveranno a giocarsi la partita. Prima e dopo il voto. È presto per dirlo. E come al solito lo verremo a sapere molto tempo dopo. Purtroppo, a volte, drammaticamente dopo.