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CASO LIGRESTI. Cancellieri, il Pd si divide sulla fiducia

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 15 novembre 2013
È stato anticipato a mercoledì, alle 10.30 a Montecitorio, l’esame della mozione di sfiducia individuale al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, presentata dal Movimento 5 Stelle per il caso Giulia Ligresti (arrestata a luglio nell’inchiesta Fonsai, ammalatasi di anoressia in carcere, condannata per aggiotaggio e falso in bilancio e ora ai domiciliari). Dopo il chiarimento del ministro in Parlamento («Non ho commesso violazioni, ma mi rammarico per la telefonata» del 17 luglio con Gabriella Fragni, madre di Giulia) e il sostegno espresso da Pd, Pdl e Sc, la vicenda è tornata ieri a vivere nuovi sussulti: la Repubblica riferisce di una telefonata tra la Cancellieri e Antonino Ligresti, fratello dell’ex presidente di Fonsai Salvatore, e di altre fra il marito del ministro e componenti della famiglia di imprenditori. «Nulla di penalmente rilevante», ha precisato un investigatore, ma la sola rivelazione di altre chiamate ha convinto alcuni esponenti del Pd a chiedere un’assemblea prima della fiducia: per Pippo Civati, serve «un voto interno sulla decisione». Il nodo è politico, più che numerico: se una parte del Pd dovesse far mancare i suoi voti, pur non pregiudicando l’esito della fiducia, potrebbe dare un segnale negativo al Guardasigilli, che nel suo discorso alle Camere aveva invocato un sostegno pieno e convinto, per non essere «un ministro dimezzato». Per scongiurare il rischio, sarebbe al lavoro il ministro per i rapporti col Parlamento, Dario Franceschini, renziano e mediatore fra le correnti piddine per conto del premier Enrico Letta, che insieme al Quirinale preferirebbe evitare di dover trovare un nuovo Guardasigilli, nel bel mezzo del cammino sulle riforme di giustizia. La vicenda ha comunque amareggiato Anna Maria Cancellieri, reduce da un intervento ospedaliero e in procinto di tornare in ufficio la prossima settimana: è un accanimento, si sarebbe sfogata ieri coi suoi collaboratori dopo la pubblicazione delle nuove notizie. Il timore in via Arenula è che non si possa portare avanti il programma per ridurre il sovraffollamento illustrato dal ministro a Strasburgo; fra le ipotesi al vaglio, quella di un decreto legge da portare in Cdm dopo la fiducia del 20 novembre, con misure come l’uscita anticipata per i "detenuti modello" e interventi sui reati di lieve entità, che potrebbero interessare circa diecimila detenuti.