Attualità

Migranti. Naufragio di Cutro, quelle 66 bare (6 bianche) allineate al Palasport

Vincenzo R. Spagnolo, inviato a Cutro (Crotone) martedì 28 febbraio 2023

E' un bambino dell'età di cinque o sei anni l'ultima vittima recuperata quando già era buio nelle acque di Steccato di Cutro.
Sono 66, dopo quest'ultimo ritrovamento, i corpi dei migranti morti nel naufragio di domenica mattina restituiti dalle acque del mare Ionio. I soccorritori sono riusciti a portarlo a riva. Un'altra piccola bara bianca si aggiungerà a quelle sistemate all'interno del Palamilone di Crotone, dove c’è un silenzio irreale e doloroso. Gli spalti, un tempo affollati dai tifosi di calcetto e pallavolo, sono deserti. Sul parquet, in quattro file, sono disposte 66 bare. Sei feretri sono bianchi, ospitano i corpicini di bimbi strappati dalla furia delle onde alle mani dei genitori. I minori sono 14. Per alcuni, ancora non riconosciuti, sulla cassa non c’è nome e cognome, ma solo la sigla apposta dal medico legale, come «KR46M0». I familiari, dopo il riconoscimento dei loro cari, sono stati accompagnati in un altro luogo, dove poter sfogare il loro dolore lontano dagli occhi indiscreti delle telecamere.

La camera ardente sarà aperta mercoledì mattina ai crotonesi, che continuano a lasciare all’esterno messaggi, fiori, corone e altri segni di affetto. Ai cronisti è stato concesso di girare qualche immagine e scattare qualche foto, a turni di due persone per volta. E mentre camminiamo in mezzo alle file di feretri, il silenzio è sempre più assordante e ci lascia sgomenti.

Usciamo in punta di piedi, con l’animo triste, mentre fuori arrivano altre auto con targa straniera, svizzere, tedesche, con altri uomini e donne con gli occhi gonfi, che hanno appreso dai siti web e dai giornali del naufragio e hanno percorso migliaia di km sperando di trovare ancora vivo un fratello, una sorella, un cugino.

Come Aladdin, un giovane afghano che vive da 8 anni in Germania e ha fatto 25 ore di macchina «senza pause» per arrivare qui e apprendere una notizia che gli ha infranto il cuore. Ora piange, seduto su un muretto. «Mio zio Wahid mi ha chiamato alle 3.45 di domenica mattina, dicendomi che stavano arrivando a Crotone – racconta, con gli occhi lucidi -. In sei avevano pagato 30mila euro agli scafisti, tutti i risparmi della loro vita. Lo zio mi diceva che stavano tutti bene: lui, la moglie Monica, e i quattro bambini».

E invece, poco dopo, il naufragio: «Ho perso mia zia e tre cuginetti, di 12, 8 e 5 anni. I loro volti ho faticato a riconoscerli. Il più piccolo è disperso. Sono rimasti vivi solo un cugino di 14 anni e zio Wahid. Una famiglia distrutta», singhiozza Aladdin.

Poi aggiunge: “Non si può morire così, solo per aver cercato un’esistenza migliore. E non è ammissibile che muoiano tante persone perché i soccorsi non sono arrivati in tempo. Se fossero arrivati un’ora prima oggi sarebbero tutti vivi».

Attraverso la infoline attivata dalla Polizia (info.immigrazione.crotone@gmail.com, tel. +39. 0962.6636509) da tutta l’Europa stanno giungendo alla questura di Crotone richiesta di informazioni su vittime e superstiti del naufragio. Una signora afghana residente in Germania, temendo che un cugino 15enne fosse sull’imbarcazione e non sapendo come fare a contattare le autorità, si è rivolta alla redazione Ansa di Berlino, inviando una foto del ragazzo e una sua descrizione, girata dall’agenzia alle autorità.

Mentre si fa sera, continuano ad arrivare cittadini per lasciare un fiore o dire una preghiera, come un gruppo di donne e ragazzine che recitano insieme un rosario per i defunti. Nessuno in città, dal sindaco Vincenzo Voce all’ultimo crotonese, è rimasto insensibile al dramma. «Dolore e lacrime per voi, non si può morire cosi», si legge su un messaggio lasciato insieme ai fiori da una delegazione della squadra di calcio del Crotone, guidata dal tecnico Lamberto Zauli e dal capitano Vladimir Golemic: «Siamo tutti sconvolti per aver assistito – impotenti – all’ennesima tragedia, consumatasi proprio davanti ai nostri occhi, in cui hanno perso la vita anche tanti bambini – dicono i calciatori rossoblù -. Non dobbiamo indugiare oltre e avviare subito una riflessione su ciò che ognuno di noi, a maggior ragione chi gode di una visibilità importante, può fare per evitare che tutto ciò si ripeta».