Attualità

Il sindaco di Padova, Giordani. «Boom di irregolari. Giusto sospendere»

Luca Bortoli giovedì 3 gennaio 2019

Padova «L’applicazione di questo decreto porta con sé un rischio reale: si generano situazioni di seria insicurezza e si mina l’inclusione sociale che, come ha giustamente ricordato anche il capo dello Stato, sta alla base della nostra società e di una reale sicurezza per i cittadini». Sergio Giordani da un anno e mezzo è il sindaco di Padova e come il collega palermitano Leoluca Orlando ha parole di fuoco per il decreto (oramai legge) Salvini. «Guardi, io non mi occupo di campagna elettorale permanente sulla pelle dei Comuni e delle persone – prosegue il primo cittadino – ma devo tutelare la mia città. È mio dovere difenderla da gravi tensioni sociali e da provvedimenti potenzialmente criminogeni. Non c’è dubbio che tutto quello che potremo fare per non cedere ad azioni propagandistiche e per tutelare la dignità delle persone lo metteremo in atto anche noi, sia nell’interesse dei padovani che per garantire i principi costituzionali fondamentali».

Dunque anche Padova sta pensando di 'frenare' l’applicazione del decreto Salvini?
Il nostro Consiglio comunale ha votato, nel giorno del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, una mozione che impegna me e la giunta a chiedere in tutti i modi al governo di sospendere l’applicazione del decreto legge, anche condividendo questa mobilitazione con tutti i sindaci e gli amministratori disponibili di altre città. Spero saranno tanti a unirsi a questa richiesta, qui non stiamo facendo cinema, dobbiamo difendere una prospettiva di futuro positiva per la nostra gente. Quello che si sta muovendo in tanti Comuni e con tanti colleghi in queste ore è un primo passo decisivo.

Quali effetti temete?
Una delle conseguenze più gravi, una vera bomba sociale, è l’aumento esponenziale di irregolari nelle città. Persone che prima erano in percorsi di inserimento che oggi vengono brutalmente interrotti lasciando queste persone per strada. È immaginabile che, in assenza di alternative, questo li consegni direttamente nelle mani della criminalità organizzata. Scaricare sulle comunità locali questa naturale conseguenza è irresponsabile. Inoltre, escludere dall’iscrizione all’anagrafe i richiedenti asilo mette anche persone che già lavorano nella condizione di interrompere il loro percorso virtuoso perché il datore di lavoro non saprà come pagarli dal momento, ad esempio, che senza residenza le banche non potranno tenere aperti conti correnti.

Quale destino attende i progetti Sprar padovani?
A Padova ci sono 50 posti Sprar, occupati da persone che frequentano regolarmente corsi di italiano e diversi corsi professionalizzanti. Ora tutto questo lavoro e queste risorse già spese rischiano di essere buttati al vento per portarci invece verso un modello che incoraggia la clandestinità. Sono esperienze da tutelare, a Padova han sempre funzionato. Questo governo invece pare spingerci verso i maxi-centri, un modello drammaticamente sbagliato e invasivo.

Occorre pensare a nuove forme di accoglienza per chi è già sul nostro territorio?
Certo, queste persone sono qui e non spariranno perché lo ha deciso Salvini. Per questo stiamo ragionando su opportuni interventi straordinari coordinati dall’assessorato ai servizi sociali per contenere la situazione. Senza un nostro intervento tutta la comunità pagherebbe costi sociali altissimi e andremmo verso una deriva di conflittualità pericolosissima.