Attualità

Intervista. Bonini: «Contro i populisti il moralismo non serve»

Giovanni Grasso lunedì 17 marzo 2014
«I populismi antieuropei? Vanno affrontati con una politica che si occupi dei problemi delle persone e non con demonizzazioni di carattere etico-moralistico, che sarebbero soltanto controproducenti». Il politologo Francesco Bonini, che insegna "Storia delle Istituzioni politiche" alla Lumsa, ritiene «inevitabile che in un momento di crisi economica alcune forze cerchino di sfruttare la sfiducia nell’Europa».Professore, a suo parere ci sarà questo dilagare dei populismi anti-euro e anti-Europa alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo?Tutti i sondaggi vanno in questa direzione, ossia quello di un aumento sensibile dei consensi a forze a vario titolo radicali. È un fenomeno studiato e noto alla politologia recente. E fa parte, se vogliamo, delle regole del gioco del mercato elettorale: alcune forze cercano di caratterizzarsi per una critica radicale agli establishment, nazionali ed europei, approfittando anche dello smarrimento e delle preoccupazioni dell’opinione pubblica per la crisi economica. Lega e M5S, per venire all’Italia, propongono addirittura un referendum sull’euro...A parte la fattibilità o meno, a livello costituzionale, di un referendum di questo tipo, bisogna dire che ci troviamo in questo caso davanti a una parola d’ordine populista nel senso tecnico del termine. Perché non si tratta, nella strategia di chi lo propone, di voler conoscere la posizione del popolo riguardo a un determinato problema, ma di un uso strumentale – plebiscitario – del referendum per legittimare la propria forza politica.La campagna elettorale in Italia sarà dunque uno scontro tra europeisti e euroscettici?Se fosse così, sarebbe una trappola per i partiti tradizionali che credono nell’Unione Europea. La radicalizzazione giova solo ai partiti radicali. Credo l’abbia capito anche la componente più europeista del Parlamento – parlo del Pd e dei centristi –  la quale oggi sostiene che le dinamiche dell’Ue vadano corrette e cambiate, a partire proprio dai cosiddetti "vincoli".