Attualità

L'intervista / 1. Bonanni: svolta storica, ora avanti

Francesco Riccardi sabato 25 gennaio 2014
«Bravo Letta! Ora andiamo avanti su­bito, facendo la stessa operazione con Eni, Enel e Finmeccanica. E poi continuiamo con le altre grandi imprese per dare una svolta al Paese». Per Raffaele Bo­nanni quella di oggi è «una data storica, in cui si dà attuazione all’articolo 46 della Costitu­zione ».
Segretario, certo che festeggiate: con il 3-4% diventerete probabilmente il secondo o il terzo azionista di Poste. E tutto questo con un doppio regalo: azioni gratis ai dipenden­ti e un rappresentante nel consiglio d’am­ministrazione...
Non scherziamo. Oggi comincia una storia nuova per il Paese. Non è un’operazione di potere. Al contrario, per la Cisl si realizza uno degli obiettivi fondanti – la partecipazione dei lavoratori all’impresa – e per l’Italia la con­cretizzazione delle intuizioni dei padri costi­tuenti, cattolici e socialisti, che vollero pro­muovere, con l’articolo 46 appunto, una nuo­va forma di sviluppo economico. E se oggi ci arriviamo è perché finalmente ci stiamo scrol­lando di dosso 50 anni di incrostazioni ideo­logiche. In Germania la mitbestimmung (co­gestione) ha prodotto risultati eccezionali e ha permesso a quel Paese di superare le crisi. Noi ora possiamo imprimere un cambiamento profondo al Paese, togliendolo dalle ragnate­le dell’immobilismo e dello sterile antagoni­smo.
Per ora però la partecipazione è limitata a u­na società pubblica, nella quale tra l’altro la Cisl ha la maggioranza assoluta di lavorato­ri iscritti. Non si rischia una forma di conso­ciativismo?
Al contario, la partecipazione è anzitutto un’assunzione di maggiore responsabilità. Si comincia dalla Poste perché i dipendenti han­no un forte legame con l’impresa. È anche grazie a questo che già da tempo le Poste si sono trasformate da 'palla al piede' dell’Ita­lia a servizio pubblico, capace però anche di essere motore di sviluppo, generatore di va­lore e presenza positiva nel mercato finan­ziario e assicurativo. Non è un caso che sia un cattolico come Enrico Letta a mettere a tema la partecipazione, un pilastro della Dottrina sociale della Chiesa. Attraverso i poteri di in­dirizzo e controllo e la partecipazione agli u­tili, i lavoratori avvertono da una parte sti­molato, apprezzato e valorizzato il loro ap­porto lavorativo. Dall’altra, si sentono re­sponsabilizzati a far sempre meglio, ad ac­crescere la loro produttività ed efficienza. Si esalta la bellezza della propria opera, il bene di ciascuno diventa il bene di tutti.
Che cos’altro dovrebbe fare adesso il gover­no?
Tagliare le imposte sul lavoro. Ripristinando nella versione originale il fondo per l’abbat­timento delle imposte. Senza le zeppe messe all’ultimo minuto dal Ministero dell’econo­mia e quindi riservando ogni euro rispar­miato, ogni euro di spesa pubblica in meno, alla riduzione delle tasse per lavoratori e im­prese. Così si rilancia lo sviluppo.
Intanto però il governo ha varato anche il decreto sul rientro dei capitali. Mossa ob­bligata o ennesimo condono negativo?
Tutto quello che può riportare in Italia capi­tali da investire, e sui quali cominciare a far pagare le tasse, per noi è positivo.
Con il Jobs Act, Renzi sembra deciso a rifor­mare anche il lavoro (pur non avendo sco­perto le carte). I sindacati però sembrano ta­gliati fuori...
Ho salutato con favore il jobs Act. ora spero che si entri nel dettaglio. L’importante è che la politica si occupi di come stimolare gli in­vestimenti e agire perché il Paese sia compe­titivo nelle infrastrutture, nel costo dell’ener­gia, nell’esercizio della giustizia, ecc. Meglio che lasci perdere invece la regolazione del mercato del lavoro o, peggio, della rappre­sentanza, dove le parti sociali sono meglio in grado di far da sole, senza invasioni di cam­po e interventi legislativi impropri.
A proposito di crisi industriali, il caso Elec­trolux può aprire una diversa stagione di re­lazioni sindacali o l’intervento degli indu­striali è solo una forzatura?
Vanno fatti tutti i tentativi per non perdere capacità produttiva e lavoro. Bene dunque l’i­niziativa degli industriali, siamo pronti a con­frontarci per trovare lo scambio migliore. Ri­cordo che con la Fiat abbiamo dimostrato co­me, agendo su orari e organizzazione, si pos­sono mantenere le produzioni in Italia, sal­vando i posti di lavoro. E senza tagliare i sala­ri, anzi facendoli aumentare.