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IL RITORNO DEL CAVALIERE. Berlusconi suona la carica. Ma tanti «aspettano» Monti

Marco Iasevoli sabato 8 dicembre 2012
​A Palazzo Grazioli la chiamano la «strategia dell’elastico». Negli scorsi giorni Berlusconi ha tirato la corda più che poteva contro Monti e l’Europa, arrivando sull’orlo della crisi di governo. Ora aspetta lunedì mattina per avere i primi sondaggi di Alessandra Ghisleri e capire quanto paga la nuova strategia.Nel frattempo, nel vertice di ieri, ha spiazzato i "colonnelli" invitati. C’erano i fidatissimi Verdini e Bonaiuti, il segretario Alfano, i capigruppo Cicchitto e Gasparri, ma - ecco la novità - hanno fatto capolino, seppure in orari diversi, anche Maurizio Lupi, Franco Frattini, qualcuno dice Renato Schifani (ma lo staff smentisce che il presidente del Senato si sia recato a Palazzo Grazioli).Con la mediazione di Gianni Letta, il Cavaliere, saputo che la pattuglia dei dissidenti alla Camera è salita a dieci unità, ha accolto i "filomontiani" con toni morbidi: «Dobbiamo essere uniti, non sfilacciarci, comprendo le vostre perplessità...». Sebbene avesse in animo ben altro, ha voluto rassicurarli sui toni che userà nella sua campagna elettorale. Anzi, a sorpresa ha anche rilanciato: «Ho detto più volte che per l’unità dei moderati sono pronto a fare un passo indietro... Se sono qui è perché Casini e Montezemolo vogliono consegnare il Paese alla sinistra...».È, appunto, la strategia dell’elastico. Perché in realtà la campagna elettorale è già iniziata, e anche la scrittura delle liste (appena 80 sono i posti appetibili alla Camera). Che si sia entrati nel vivo lo testimonia il battage sui social network sugli ultimi 9 anni di governo Berlusconi, come pure l’intenzione di intervenire durante il dibattito sul ddl stabilità, visto come l’ultimo atto della legislatura.Siccome il gioco del tirare la corda e mollarla è noto, l’esito con gli scontenti è interlocutorio. Finora il fronte di chi vede male lo strappo del Cavaliere è variegato e disunito. Ci sono gli uomini di Alemanno che sembrano i più pronti a mettersi in proprio. Ci sono Meloni e Crosetto che lottano per il ricambio generazionale, non certo per preservare l’agenda europeista del Professore. Ci sono Quagliariello, Sacconi e Roccella bersaglio di un durissimo attacco laicista (la nuova direzione ideologica che l’ex premier sembra voler dare alla sua creatura). E poi c’è la pattuglia che guarda al Ppe e che attende un’iniziativa in tale senso di Frattini. Anche se l’ex ministro degli Esteri ci tiene a precisare che lui «non ha lasciato il Pdl» e deciderà il da farsi solo quando capirà che toni prenderà la campagna elettorale.È a queste galassie in movimento che guardano le "avanguardie", quelli che sono andati via in tempi non sospetti. Il gruppetto filo-Montezemolo di Giustina Destro, quello più recente di Isabella Bertolini, diversi eurodeputati italiani del Ppe. Tuttavia non basta. Per attirare gli scontenti "dormienti", e soprattutto moderati con tanti voti come Raffaele Fitto, serve un leader. Un leader che, dopo il doppio passo indietro di Alfano, ha un nome e cognome già stampato: Mario Monti, l’unico in grado di mettere insieme Verso la terza Repubblica, Udc, Fini e pezzi di Pdl. D’altra parte, sin quando il Professore resterà ai margini, Berlusconi pensa di avere gioco facile nel convincere i riottosi, restringere il campo da gioco dei centristi, prendersi il 20-25 per cento e stare al tavolo del prossimo governo. Perciò in tanti lavorano dietro le quinte alla discesa in campo del premier. In particolare a Bruxelles, dove i vertici del Ppe sono pronti a sganciare l’arma letale: l’espulsione del Pdl dai popolari europei.