Attualità

LA TENAGLIA DEI PARTITI. Berlusconi gela Monti: «È disperato»

Marco Iasevoli venerdì 16 dicembre 2011
I mal di pancia di B&B, Berlusconi e Bersani, crescono giorno dopo giorno. Ed entrambi, per blindare il voto di fiducia e assicurare la compattezza dei propri gruppi, hanno bisogno di alzare il prezzo con Mario Monti.Il più duro è l’ex premier, che presentando il nuovo libro di Bruno Vespa esordisce con una frase a sorpresa: «Per poter governare questo Paese bisogna cambiare la Costituzione, se n’è accorto anche Monti, che ora - ecco l’affondo - è disperato. Ha dovuto fare marcia indietro praticamente su tutto...». Il Cavaliere, però, sta ben attento a non sferrare un attacco frontale, con l’europrofessore sembra più solidale che compiaciuto per le difficoltà dell’esecutivo. «La manovra va votata – rassicura –, è il male minore, votare "no" sarebbe un danno peggiore per il Paese, e non ho alcun piacere nel vedere l’insuccesso altrui. Io sono responsabile». Ma nel suo ondeggiare Berlusconi non dimentica di strizzare l’occhio alla base e alla Lega: «Non c’è nessuna certezza che Monti duri fino alla fine della legislatura. Lo scioglimento delle Camere può sempre accadere, anche domani. E noi siamo sempre pronti al voto... Conta l’economia, e contano anche i sondaggi, ovviamente. Se un partito scopre di essere in vantaggio è chiaro che ne trarrebbe le conseguenze». Un ragionamento completato da una netta presa di distanze rispetto ai provvedimenti su pensioni, capitali scudati («pacta servanda sunt, ma non ne facciamo una battaglia perché gli evasori non stanno simpatici», dice Berlusconi) e Ici sulla prima casa.Non è da trascurare un certo grado di delusione per il modo in cui Monti e Passera hanno annunciato i primi provvedimenti sulle infrastrutture senza enfatizzare il lavoro già fatto dal centrodestra. «Questo comportamento, ma anche i passi indietro che hanno fatto sulle liberalizzazioni, mostra che sono ben attenti al consenso...», dice un deputato azzurro che segue da vicino le trame dell’esecutivo tecnico. Non è un caso che Berlusconi, pur mostrando di credere nella «missione a tempo» dei professori, "veda" - con annessi timori - un futuro politico per Monti e Passera.Nella strategia dell’ex premier conta, e molto, lo stato dei rapporti con il Carroccio. Reguzzoni gli fa l’offerta irricevibile di bocciare la manovra. Bossi quasi se ne fa burle: «Se vedo Silvio mi metto a ridere, appoggia un governo che fa il contrario di quello che faceva lui prima». Molti azzurri soffrono perché riconoscono nel Carroccio ragioni che sposerebbero subito. Berlusconi replica sornione: «Senza di noi non vanno da nessuna parte, perdono loro e perdiamo noi il Nord. Anch’io potrei dire che lui mi fa piangere, ma mi astengo... Si sa, ora cercano voti, il loro linguaggio è un po’ ruvido e rustico. Sono tornati al loro carattere originario, sulle pensioni, ad esempio, con noi non vollero nemmeno dialogare». Il grande freddo c’è, ma non è ancora diventato ghiaccio per volere tattico di entrambi. Di certo i due ex alleati non si sono visti come il Cavaliere aveva - per l’ennesima volta - annunciato, e la Lega si prepara, per il 22 gennaio, ad una manifestazione antigovernativa a Milano.Bersani, dal canto suo, ha il problema di evitare defezioni in Aula da parte dei democratici vicini alla Cgil. In mattinata due deputati, Esposito e Boccuzzi, avevano annunciato l’astensione. Perciò il segretario convoca il gruppo e lo carica: «Dobbiamo votare compatti. Però...». Il leader Pd si impegna solennemente a «non mollare mai» sui punti che stanno a cuore all’ala sinistra del partito: «Bisogna mettere mano subito ai nuovi ammortizzatori sociali, la Fornero sa bene di cosa stiamo parlando, è stata lei la prima a mettere in mezzo l’argomento. E dei lavoratori precoci - quelli che sono arrivati ai 42 anni di contributi ma non possono andare in pensione per l’età - ci faremo carico noi. Anche sulle penalizzazioni agli assegni e i lavoratori in mobilità mi farò garante io». Di più: «L’articolo 18 è una cosa lontana, chi dice che sarà il prossimo passo è un marziano, perdiamo 800mila posti di lavoro, non c’è nemmeno da parlarne, licenziamenti ce ne sono già troppi». I deputati applaudono, e pochi minuti dopo i "falchi" lanciano note alle agenzie di stampa in cui si allineano e danno la «fiducia» al segretario. Plaude anche l’ex ministro Damiano. La vittoria di tappa sembra raggiunta.Non è detto che B&B, sempre più costretti a mosse speculari, oggi parlino in Aula. Di certo condividono la delusione per le mosse di Monti in Europa, per il trionfo della germanica linea del rigore che costringe l’Italia a vivere con il fiato sul collo, per il mancato affidamento alla Bce del ruolo di "garante dell’euro". Berlusconi si autodefinisce l’unico in grado di «porre veti» alla Merkel, e plaude alla decisione di Cameron di tenersi fuori dalle «politiche recessive» adottate dall’Ue. Bersani è caustico: «Noi salviamo l’Europa, ma l’Europa non ci affossi tutti».Due leader allo specchio, che la prospettiva del voto, giocoforza, non possono abbandonarla. Perciò Berlusconi approfitta di ogni occasione per incoronare Alfano e corteggiare-provocare Casini: «Il suo elettorato è di centrodestra, senza di noi perde il 50 per cento. Perché votano Pier? Perché è bello...». La sua chiosa è un «no comment» su Tremonti e un rilancio sulla legge elettorale, ennesimo indizio che le urne non sono sepolte: «Va cambiata anche se la Consulta non ammette il referendum. Va modificato il premio di maggioranza al Senato e inserita almeno una quota di preferenze».