Attualità

PREMIER IN BILICO. L'ira di Berlusconi: «Tutto per colpire me»

Marco Iasevoli giovedì 21 luglio 2011
Una furia. Un fiume in piena. Irrefrenabile. Berlusconi sferra un pugno sul banco e lascia l’Aula con il volto indurito subito dopo il voto favorevole all’arresto di Alfonso Papa, e raggiunge con passo rabbioso la sala del governo. Non sono ammessi leghisti. Ci sono solo i ministri Pdl più vicini. «Una vergogna, una pazzia...». Parole che sussurra camminando avanti e indietro, dinanzi a spettatori impietriti da quanto accaduto pochi minuti prima. Poi le parole diventano urla ben udibili fuori dalla sala, e cariche di sconforto: «Vogliono colpire me e il governo, per questo obiettivo sono pronti - si riferisce sia alle opposizioni sia ai pm - a distruggere Papa e chiunque altro, sono capaci di passare sopra la dignità delle persone». E altri ce ne saranno, assicura, perché «i magistrati continueranno ad attaccarmi». Ma «noi dobbiamo reagire, rispondere colpo su colpo». È, forse, l’annuncio di un nuovo corpo a corpo con le «procure nemiche».Chi riferisce del suo sfogo è attentissimo a non citare la Lega e a non puntare il dito contro Maroni, alla lotta interna al Carroccio finalizzata ad insidiare la leadership di Bossi. Nessuno vuole affrettare i tempi delle analisi politiche. E quella parolina, «crisi», viene trattata con il timore che ispira un ospite sgradito ma potente. «Silvio – dice un vicecapogruppo che ha raccolto i primi sfoghi dei colonnelli Pdl – sa benissimo, e da tempo, che Maroni spinge per il governo tecnico ed è d’accordo con le opposizioni, e Umberto finora lo ha frenato. Ora è chiaro chi comanda nel gruppo, e non si potrà non tenerne conto». Ma i precedenti dicono che «lui non si dimetterà mai», e allora ecco il tema del vertice serale convocato con massima urgenza a palazzo Grazioli, cui hanno partecipato i capigruppo Pdl e dei responsabili, Alfano, i coordinatori azzurri La Russa e Verdini, il vicepresidente della Camera Lupi: chi comanda nel Carroccio? Che obiettivi si è dato il ministro dell’Interno Maroni? Per il momento - è il ragionamento condiviso - è meglio ridurre tutto ad un «regolamento di conti» all’interno della Lega senza impatti sull’esecutivo. Ma venerdì è previsto, salvo rinvii strategici, un Cdm in cui Berlusconi vorrà appartarsi con Bossi ed eventualmente con Maroni. Dopo si trarranno le conclusioni.Di certo al premier hanno riferito di un conciliabolo in Transatlantico tra D’Alema e Maroni. E di quanto avvenuto in Senato sul caso-Tedesco, l’ex assessore alla Sanità pugliese considerato vicino all’ex premier. La Lega, in quella sede, ha annunciato il «sì» all’arresto. Ma Gasparri ammetterà che il «no» è arrivato a quei numeri non solo grazie ai "garantisti" del Pd, ma anche per più di qualche uomo del Carroccio che non si è attenuto alla dichiarazione di voto del partito. Di certo, il premier per qualche minuto ha avuto tra le mani l’arma della ripicca: poteva ordinare al Pdl di "punire" il senatore pugliese, poi ha chiosato: «Noi siamo garantisti, non come quelli là...».Nel tentativo di sminare la bomba-Lega, il premier mette infatti al bando altri protagonisti della calda giornata parlamentare, quelli che definisce ormai «garantisti di facciata», dai quali si attendeva forse un aiuto per Papa: ce l’ha con Casini e con tutti i radicali, sia gli "ex" (a partire dal capogruppo Fli Della Vedova) sia quelli militanti nel Pd. È l’amaro epilogo di un pomeriggio iniziato all’insegna dell’ottimismo, prima con i coordinatori regionali convocati a palazzo Grazioli insieme ad Alfano, poi a Montecitorio, quando entrando in Aula non aveva mostrato alcun dubbio sull’esito favorevole del voto. Ma ciò che resta delle ore precedenti l’arresto di Papa è solo l’eco di una paura assillante, confidata ai leader locali del partito: «Si rischia di tornare al ’92, con gli arresti preventivi hanno iniziato l’escalation verso una nuova Tangentopoli...».