Attualità

Gioco patologico. Azzardo, «non deponiamo le armi»

Lucia Bellaspiga domenica 1 marzo 2015
In mancanza di una normativa nazionale sulle distanze minime dai luoghi «sensibili », anche stabilire quanto lontano tenere le slot machine da chiese, ospedali, scuole, sta diventando una scommessa. I gestori danno battaglia a colpi di ricorsi nei tribunali amministrativi. La mappa è per il momento a macchia di leopardo. A Cagliari è stato varato il divieto assoluto di posizionare slot-machine nei locali che si trovino a meno di 500 metri da scuole o altri centri di aggregazione giovanile. Anche a Venezia, a Firenze, in Friuli e nella Lombardia ci sono norme locali del medesimo tenore. A Genova e a Trento la 'distanza di sicurezza' è stata ridotta a 300 metri. Una riduzione che non è bastata ai gestori, subito corsi al Tar per ottenere la cancellazione dei provvedimenti. Ma in mancanza di indicazioni dettagliate su come misurare la distanza, capita che neanche il minimo dei 300 metri venga rispettato.  Recentemente la soglia dei 500 metri è stata abbassata a 300 a Bolzano e in Abruzzo. Altri hanno fatto il contrario, come a Formia, in provincia di Latina. Il nuovo regolamento municipale amplia la distanza delle sale giochi dai luoghi sensibili dai 300 ai 500 metri, e lascia a un’ordinanza sindacale il compito di disciplinare gli orari di esercizio. Anche in Calabria, in Sicilia e nel Molise le giunte locali stanno provando a porre un argine, ma senza una normativa nazionale unica non solo i sindaci si ritrovano da soli a combattere contro i giganti delle scommesse (scortati da uffici legali molto agguerriti), ma potrebbe accadere che l’alternanza nei governi locali modifichi le norme stabilite dalle giunte precedenti. Una strada pericolosa, specie laddove le inchieste hanno dimostrato una forte cointeressenza tra imprese della filiera dell’azzardo e criminalità organizzata. Prevenire è meglio che curare. E così la Regione Lombardia, capofila e avanguardia coraggiosa nella guerra al gioco d’azzardo, non resta a guardare e, mentre il governo elabora il suo decreto su slot e scommesse, serra le file: «La bozza del decreto così com’è svuoterebbe completamente la nostra legge regionale e lascerebbe i sindaci del tutto impotenti, consegnando le fasce più fragili della popolazione ai signori dell’azzardo – dice Viviana Beccalossi, assessore lombardo a Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo –. Se il decreto passasse, entro sei mesi dovremmo adeguarci e cadrebbe la norma che stabilisce la distanza di 500 metri tra le sale slot di nuova apertura e i luoghi sensibili, come scuole, ospedali, centri per anziani... Il governo sappia che battaglieremo, perché si tratta di una piaga sanitaria senza precedenti e perché abbiamo una legge fortissima, votata nell’ottobre del 2013 all’unanimità, evento più unico che raro in politica». La spilla che porta appuntata sulla giacca, creata dagli studenti delle scuole superiori di Bergamo, è tutta un programma: 'Azzardo basta(rdo) - Io gioco contro'. A cominciare da alcune modifiche sulla legge lombarda: «In questo anno e mezzo dall’approvazione abbiamo battuto il territorio, ascoltato sindaci, forze dell’ordine, cittadini, associazioni, per capire in che cosa migliorarla e individuare eventuali falle». Come il caso recente del locale milanese che ha aperto come bar e solo in un secondo momento ha inserito le macchinette mangiasoldi, diventando di fatto una sala slot a meno di 500 metri da ben sette luoghi sensibili (nonostante le diffide di Palazzo Marino). Ed ecco allora la prima modifica: «Chi presenterà istanza di aprire un bar dovrà dichiarare fin da subito l’intenzione di mettere le slot, altrimenti poi non sarà più possibile». Ancora più incisiva la variazione che riguarda la natura stessa delle licenze: «Tutte hanno una scadenza, in genere di tre o quattro anni, al massimo di nove. Al momento del rinnovo gli intestatari dovranno rispettare le distanze di 500 dai luoghi sensibili»: un colpo di spugna che farà sparire una percentuale altissima di luoghi d’azzardo, addirittura il 99%. Oggi, invece, l’interpretazione della legge regionale non è univoca e secondo gli azzeccagarbugli il rinnovo riguarda i contratti ma non le macchinette, che si trovano già in loco. Terza mossa, l’inasprimento della sanzioni: i vigili urbani di tutti i comuni lombardi potrebbero sigillare le macchinette e non più soltanto comminare poco temibili multe, come avviene oggi.  Misure con cui la Regione intende garantire ai 1.535 sindaci lombardi, Milano in testa, quel potere di tutelare la salute pubblica che il decreto attualmente in bozza vorrebbe sottrarre. «Da Palazzo Marino ci dividono mille cose – sostiene l’assessore di Maroni –, ma nella lotta all’azzardo la vicesindaco di Pisapia, Ada Lucia De Cesaris, ci ha messo la faccia e una enorme energia. Stiamo lavorando insieme». È stata la De Cesaris a volere la mappatura capillare di tutti i luoghi sensibili di Milano, che ovviamente sono ovunque, così da poter concretizzare la chiusura di quasi tutte le attività d’azzardo (appunto il 99% entro 9 anni al massimo) man mano che scadono le licenze. Ed è ai Comuni che è rivolto l’ultimo asso nella manica della Lombardia: «Dieci minuti fa abbiamo finito di elaborare un bando da 3 milioni di euro, volto a finanziare tutta una serie di attività nella lotta al 'gap', il gioco d’azzardo patologico, che colpisce almeno 700mila italiani e le loro famiglie ». A marzo il bando andrà in approvazione in giunta, poi sarà in grado di erogare fino a 50mila euro a progetto, scegliendo i migliori tra quelli presentati da scuole, associazioni, enti, perfino giornali. Il governo ha mosso guerra alla legge lombarda con la scusa che un Paese non può avere norme a macchia di leopardo, «e ha ragione... però qui non si tratta di un regolamento di carattere commerciale – ribatte Beccalossi – , ciò che ci muove è un’emergenza sanitaria, e la sanità è competenza delle Regioni. Non a caso i malati di azzardo ormai sono presi a carico dalle Asl, proprio come i tossicodipendenti, ormai è chiaro che non si tratta di un vizio ma di una grave malattia». Che però nelle casse dello Stato fa entrare fiumi di denaro, ed ecco il perché di uno Stato che sta dalla parte del cattivo. «Il testo del decreto all’inizio era discreto, poi è stato corretto fino ad arrivare all’attuale versione disastrosa. Che cosa è successo in mezzo? Che le società di gioco d’azzardo, branca di Confindustria, hanno fatto le stesse telefonate che avevano fatto anche a me. Noi non li abbiamo ascoltati, a Roma hanno trovato uditi più sensibili. Allora Roma ascolti bene anche noi: la Lombardia darà battaglia. È facoltà delle Regioni consegnare al Parlamento le proprie leggi perché vengano prese in considerazione come proposta per una legge nazionale. La nostra, guarda caso, è rimasta nel fondo di qualche cassetto».