Attualità

Attore ed ex calciatore. Ubaldo Pantani: «L'azzardo in Nazionale? Non fa ridere»

Massimiliano Castellani mercoledì 16 novembre 2016

Ubaldo Pantani

Ubaldo Pantani, attore e trasformista, prima di arrivare al successo televisivo (volto della domenica di Raidue a Quelli che... il calcio) è un membro ad honorem della leva calcistica del 1971. Pantani del pallone si intende e parecchio – «al di là della “fede” per la Spal» – per aver giocato a calcio a livello amatoriale e per conservare «il sogno nel cassetto » di allenare una squadra «magari di pulcini e senza i genitori invasati sugli spalti». Per questo, e molti altri motivi, non ha nessun problema ad aderire alla nostra campagna Azzurro vergogna e lo fa anche in veste di neopresidente dell’Anspi – Associazione Nazionale San Paolo Italia di oratori e circoli – del suo paese, Querceto, in provincia di Pisa. «Nella nostra sede Anspi posso assicurare che l’unico “azzardo” è entrare a una certa ora di sera e venire “infilzati” dalle aste vecchissime, e quindi acuminate, del calciobalilla anteguerra. Ma qui al massimo ci si gioca ancora la bevuta a carte e ci si diverte senza slot e soprattutto sono tacitamente bandite le scommesse».

E allora che dire di una Nazionale che invece si fa sponsorizzare da un’agenzia di scommesse come Intralot?

Una mossa azzardatissima. Specie dal punsparito to di vista della comunicazione. Un calcio come il nostro non ha generato gli anticorpi necessari per potersi permettere una spavalderia di questo tipo. Qui siamo sempre a rischio, ogni estate c’è da rivedere classifiche e campionati per colpa delle combine. E allora che facciamo, diamo spazio alle scommesse anche in Nazionale?»

Al mondo delle scommesse lei risponde con la satira e il personaggio esilarante della signorina Grata.

È una parodia, ma che vuole toccare un problema molto serio come quello della “malattia da gioco”. La signorina Grata gira attorno a quel meccanismo contorto e perverso che è il “gioco responsabile”. Un’ipocrisia quel “responsabile”, anzi un avverbio di Stato.

I giocatori fissi dell’agenzia scommesse della signorina Grata sono due animali: è forse una metafora di come il gioco abbrutisca l’uomo?

Le due mascotte sono due pupazzi, e la metafora sconfina nel grottesco per sdrammatizzare ciò che è invece una malattia molto seria. Il vizio del gioco d’azzardo, la ludopatia, ci rende ridicoli oltre a portarci alla rovina finanziaria e generare disperazione e disturbi alla salute. Per la legge del contrappasso, poi, i due pupazzi li ho chiamati Fortunello (sotto il pupazzo c’è il mio autore Walter Fontana), il giocatore incallito che induce a scommettere all’altro: la povera vittima, Rovinello, di nome e di fatto».

E i Rovinello, purtroppo, nel mondo reale sono la maggioranza: circa un milione di ludopatici accertati in Italia.

A Pisa, dove ho una casa e una figlia, ci sono dei circoli ricreativi in cui ho smesso di andarci perché erano pieni zeppo di “Rovinelli”: uomini e donne diventati prigionieri dalle mefistofeliche slot. La cosa che mi dava più fastidio era vedere tante persone anziane cadute irrimediabilmente nella rete del gioco d’azzardo... Fa effetto, è come un tossicodipendente che comincia a drogarsi a settant’anni.

Assurdo, ma vero.

La ludopatia è una minaccia talmente diffusa che può colpire chiunque. Giorni fa entro da un tabacchino per prendere un pacchetto di chewingum e una ragazza mi aggancia convincendomi a comprare un “Vincitutto”. Per distrazione lo compro, pago i 5 euro del biglietto convinto che quello slogan «vincitutto» sottintenda il messaggio subliminale «si vince sempre». In un attimo in cui ero schermato, ci sono cascato. Per me si tratta di una tantum, ma ho immaginato quanti, e sono tanti, vengono ammaliati da quel messaggio, senza poter opporre più resistenza».

Contro lo sponsor assai poco etico della Nazionale anche il mondo del calcio non ha opposto resistenza...

Beh, io imito calciatori come Higuaìn e allenatori tipo Conte e Allegri e il filo conduttore che li unisce è l’essere sempre – diciamo – molto diplomatici, sia che si parli di cose di campo sia di problematiche sociali. L’unico che forse si sbilancerebbe in questa campagna potrebbe essere il mio Sarri, il quale, da fumatore, magari direbbe: “La Nazionale che mi sponsorizza le scommesse è come se a fare la campagna antifumo mandassero me”».