Attualità

La brutta bozza di decreto governativo. Azzardo, costo vero è non arginarlo

Leonardo Becchetti martedì 23 giugno 2015
Ai tempi di Pinocchio il mercante del paese dei balocchi passava una sola volta (o poche volte) nella vita. Era più facile correggere i propri errori e capire che i sentieri esistenziali più faticosi e in leggera salita erano migliori di quelli assai promettenti, ma effimeri che iniziavano con una bella discesa. Ai tempi della rete e dei cookies (le pubblicità invasive che inondano i siti web) il mercante del paese dei balocchi passa ogni 10 secondi ed è molto più dura resistere alla seduzione dei “beni di comfort” come l’azzardo che promettono l’impossibile, a poco e con il minimo sforzo (la rendita per la vita, il secondo reddito che integra il primo, il diventare ricco in poco tempo) e sono capaci di stravolgere del tutto il significato di valori importanti con slogan pubblicitari come “Cosa sarebbe mai lo sport senza le scommesse?”. E poiché tutti quei beni che producono dipendenze sono l’eldorado per i venditori che possono garantirsi acquisti stabili e perduranti nel tempo, sono proprio quelli i beni più pubblicizzati.Queste grandi linee di tendenza spiegano l’invasione del gioco d’azzardo dei nostri giorni, invasione che fa purtroppo breccia su un tessuto sociale disgregato dando la falsa illusione che la fortuna della vita sia quella del gioco e non l’investimento lento e paziente nel modellare i propri talenti.Le forze sane del Paese (tra le famiglie, nelle comunità e amministrazioni locali, in Parlamento) hanno capito l’emergenza. Le mobilitazioni dei cittadini che sono andati nei bar no–slot per “votare col portafoglio”, premiandoli con i loro acquisti in tutta Italia (più di 100 eventi che hanno coinvolto 120 organizzazioni e un’infinità di persone) e le iniziative di contrasto delle amministrazioni locali sono culminate in una proposta di legge parlamentare. Quest’ultima, in modo tutt’altro che “talebano” e “proibizionista”, ha cercato di porre un argine all’azzardo su tre pilastri principali: distanza minima dai luoghi sensibili, divieto di pubblicità e identificazione dei giocatori. L’approvazione unanime in Commissione Affari Sociali ha poi però trovato un blocco alla Commissione Finanze e il provvedimento sull’azzardo è stato successivamente infilato nella delega fiscale. E l’ultima bozza – quella che “Avvenire” ha ampiamente illustrato domenica – fa compiere due sostanziali passi indietro: divieto pubblicità solo nella fascia della cosiddetta tv dei ragazzi (manifestazioni sportive escluse) e limite alla capacità delle regole locali e delle leggi regionali (che moltissimo hanno fatto in questi mesi) di ridurre le installazioni e le sale giochi. Le slot machine e le sale giochi, dobbiamo concludere, sarebbero come le farmacie, punti vendita essenziali di cui una comunità non può fare a meno per sopravvivere. Ma, si sa, occhio non vede cuore non duole. Degrado urbano e ludopatia sono problemi “locali” mentre gli introiti fiscali sono “nazionali”.Condizioni minime di decenza vogliono che la ghigliottina sulle leggi regionali salti. Anche perché, se ciò non accadesse, saremmo di fronte all’ennesimo boomerang decisionista con un provvedimento governativo che ha grandi probabilità di essere bocciato dal ricorso alla Corte delle Regioni. Visto che nessuno può dire che l’azzardo fa bene alla salute, l’unica motivazione addotta dagli uffici ministeriali alle scelte contenute nella bozza di decreto legislativo è quella che alle entrate fiscali derivanti dall’azzardo “non si può rinunciare”. Ma seguendo questo ragionamento, allora, lo Stato potrebbe guadagnare ancora di più gestendo in proprio il traffico di droga. Inoltre, nessuno si premura di riflettere più a fondo per considerare che i soldi bruciati nell’azzardo si sarebbero trasformati in consumi, con un prelievo fiscale medio non inferiore a quello sulle gioco per le finanze pubbliche. E nessuno al Governo (altrove sì...) ha sinora calcolato con precisione i pesanti costi sociali ed economici della ludopatia per le famiglie e la collettività. Il più duro nei confronti della strategia governativa è stato il coordinatore della Commissione affari finanziari per la Conferenza delle Regioni, quando ha affermato che al governo evidentemente non interessa la salute dei cittadini ma solo far cassa sull’azzardo legale. Continuiamo a credere che non sia così, e per questo ci aspettiamo una correzione di rotta.