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Wikileaks. Appello della stampa per fermare l'estradizione di Julian Assange in Usa

M.M. martedì 21 giugno 2022

Un appello per fermare l'estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, giornalista e fondatore di Wikileaks, condannato a più di un secolo e mezzo di carcere per aver rivelato crimini di guerra, uccisioni stragiudiziali e violazioni dei diritti umani commessi da diversi governi occidentali. A promuoverlo il premio Nobel per la Pace, Adolfo Esquivel, che lo ha lanciato un anno fa e che ieri lo ha presentato anche in Italia nella sede della Fnsi, assieme a rappresentanti di Amnesty, del mondo dell'informazione e della cultura.

«L'estradizione di Assange è un rischio gravissimo non solo per la salute psichica e fisica di Julian - ha ammonito il pacifista argentino - ma anche per la stampa mondiale. Servono azioni congiunte perché abbiamo solo 14 giorni per sovvertire la decisione del governo britannico ed evitare il trasferimento». Il documento, già firmato da numerosi giornalisti e intellettuali in tutto il mondo, accusa direttamente il governo di Washington di persecuzione nei confronti del giornalista australiano e di nascondere i crimini svelati dal suo team e tutt'ora privi di responsabili giuridicamente accertati.

Il problema, però, non è soltanto l'esecutivo Usa, ma anche quello britannico, perché in questa vicenda, come fatto notare dall'ex magistrato Armando Spataro, «si evidenzia una prova di servilismo dei Paesi europei nei confronti degli Stati Uniti. Al momento - ha proseguito il giurista - il problema è quello dell’estradizione di un giornalista in un Paese dove rischia l'ergastolo per aver pubblicato notizie vere e importanti. Un Paese che vuole nascondere una verità che invece la gente ha diritto di conoscere». Non si tratta di criticare l'utilizzo del segreto di Stato che, come ha ricordato ancora Spataro, di per sé «non è incompatibile con la democrazia. Ma va attuato secondo regole compatibili con le leggi sovranazionali».

Ad ogni modo la vicenda, come chiesto dai proponenti italiani dell'appello, impone una presa di posizione decisa da parte della stampa la cui libertà, se si concretizzasse l'estradizione, sarebbe enormemente compromessa. Anche per questo l'Ordine dei giornalisti ha voluto manifestare il proprio sostegno all'iniziativa e, come annunciato dal presidente Carlo Bartoli, sottoporrà la questione nella prossima riunione del Consiglio nazionale. «Quello a cui assistiamo è un crimine contro la libertà di informazione - ha detto Bartoli -. Invece di assegnare il premio Pulitzer ad Assange gli si dà un secolo e mezzo di reclusione. Credo che il governo italiano si debba esprimere, debba fare pressione, specie in un momento in cui screditare chi fa libera informazione è più facile e nel quale la vicenda rischia di essere oscurata dalla cronaca della guerra . Si rischia di scrivere un capitolo nerissimo nella storia della nostra democrazia».

In un contesto simile diventa fondamentale l'apporto del servizio pubblico, purtroppo però, come constatato da Daniele Macheda, segretario generale dell'Usigrai, «la Rai sta parlando poco della questione, dobbiamo prenderne atto». Il punto è che «se il giornalista australiano finisce in galera, con lui ci va anche l'Articolo 21 della nostra Costituzione». Non a caso è arrivato l'invito del segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, perché il blocco dell'estradizione «diventi una battaglia di tutti i mezzi di informazione».

«Nelle nostre società democratiche un uomo è in prigione da 12 anni per aver rivelato le prove di atrocità e uccisioni, mentre le persone che le hanno commesse non hanno fatto neanche un’ora di prigione», ha invece commentato la giornalista Stefania Maurizi, unica reporter italiana ad aver seguito il caso fin dall'inizio, e autrice di uno dei testi più accurati sulla vicenda, "Il potere segreto".