Attualità

La difesa. Bufera sulla Commissione Grandi Rischi

Alessia Guerrieri domenica 15 agosto 2010
Non dovevano certo prevedere il terremoto, né tanto meno provvedere a evacuare la città. Ma i membri della commissione Grandi Rischi, riunitasi a l’Aquila sei giorni prima della terribile scossa, avevano in teoria le conoscenze e le competenze per «formulare una fondata valutazione di prevedibilità del rischio». E quindi per attuare un «insieme di misure precauzionali», soprattutto informando con completezza la popolazione «per consentire scelte consapevoli». Parla di gravi omissioni e di un «atteggiamento di superficialità circa la (sotto)valutazione del rischio» la memoria di 224 pagine inviata dal sostituto procuratore dell’Aquila Fabio Picuti al gup, in vista dell’udienza preliminare.Un’analisi meticolosa dei dati statistici e storici in possesso della commissione una settimana prima del 6 aprile, che tra l’altro alcuni dei componenti avevano contribuito a stilare negli anni passati. Ma anche un atto d’accusa che, per ora, i tecnici e gli esperti coinvolti, interpellati in proposito, rifiutano di commentare, in attesa di leggere le carte in dettaglio. Pur ribadendo la certezza assoluta di aver compiuto sempre il proprio dovere.L’indagine, partita dopo la denuncia dei familiari di 32 vittime, vede imputati per "mancato allarme" sette personalità eccellenti tra Protezione civile, Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e Centro nazionale terremoti, "colpevoli" secondo la procura di aver minimizzato lo sciame sismico in corso da mesi in Abruzzo. «I dati ricavabili dagli studi probabilistici e dalla mappe di pericolosità sismica dell’Aquila», che vedeva il capoluogo abruzzese al secondo posto in Italia, si legge nel documento, «meritavano maggiore attenzione». Gli esperti, perciò, non avrebbero dovuto sottovalutare elementi che «loro ben sapevano»; come ad esempio che in città «su 752 edifici in muratura, ben 555 ricadevano nella fascia di vulnerabilità medio-alta», così come il dato sulla «quasi totalità degli edifici in cemento armato costruiti prima del 1975».La magistratura aquilana, inoltre, arriva anche a ipotizzare che «il diligente svolgimento da parte degli imputati dei doveri assegnati dalla legge avrebbe certamente influito positivamente sul prezzo pagato, poiché avrebbe determinato un apprezzabile contenimento dei danni alla vita e alla salute delle persone». Se correttamente informati e non tranquillizzati, come invece fu fatto a mezzo stampa, cioè, sostiene la Procura, dopo le due scosse premonitrici, quella delle 3.32 «con certezza o con elevato grado di probabilità non avrebbe sorpreso le vittime all’interno delle loro abitazioni».I diretti interessati, come accennato, non hanno per il momento intenzione di commentare, a maggior ragione senza aver visto gli atti che i loro legali hanno da poco a disposizione. Ma restano convinti che non si poteva fare di più. Mauro Dolce, responsabile dell’Ufficio Sismico della Protezione civile, uno di quelli che a detta del pm aveva le competenze tecniche per fornire un quadro completo alla commissione, aggiunge solo: «I terremoti non si possono prevedere, per quanto mi riguarda ho la coscienza a posto». Stessa linea del "no comment" da parte del vice capo del dipartimento Bernardo De Bernardinis. «Come ho fatto in altre occasioni simili – precisa – quello che ho da dire lo dirò davanti al giudice».