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L'intervista. Santori, leader delle Sardine: «Ecco la nostra fase 3»

Marco Iasevoli domenica 14 giugno 2020

Mattia Santori

La voce si irrigidisce solo quando si parla di 'ritorno delle Sardine'. «Non ce ne siamo mai andati», ribatte Mattia Santori, 32 anni, il frontman del movimento nato a Bologna e poi diventato nazionale. «Il lockdown per noi è stata l’occasione per dirci che non bisogna sempre stare sulla cresta dell’onda, che non vogliamo fare politica narcisistica mettendo di mattina la foto col caffè e di sera quella coi gattini. Noi siamo un’esperienza fisica, materiale e creativa che poi confluisce sul web, non rinunceremo mai alle piazze e mai sostituiremo le piazze con i social». Un 'silenzio' che, comunque, ha trasformato il movimento delle Sardine. È stato definito il Manifesto in 12 punti. E ora si parte con l’organizzazione: «Avremo uno statuto dell’associazione 6000sardine, un codice etico, un regolamento interno e dei vincoli giuridici precisi e inderogabili. A giorni sarà pronto il sito e avremo strumenti per parlare con chi ci segue. Tra Bologna e Roma avremo manifestazioni nazionali. Non basterà più avere un gruppo su Facebook per definirsi 'Sardine'. Questo è stato uno dei problemi alla base dei nostri errori». Già, 'errori'. Una parola che Santori ripete senza particolari patemi. «Non ci fa più paura ammettere che possiamo sbagliare, ammettere che siamo fragili, umani. Questa è un’altra innovazione che vogliamo portare in politica: uscire dalla trappola dell’infallibilità. Quando abbiamo ammesso i nostri scivoloni, le persone si sono avvicinate di più. Il punto è non cercare la visibilità a ogni costo, rivendicare la sobrietà come uno stile».

Qualcuno dice che siete tornati al pre-politico…

Pre-politico, post-politico, ritorno alle origini… Semplicemente torniamo a ciò che ci ha mosso, la dimensione etica e culturale della politica. Un’innovazione nello stile, sui temi, sui modi. L’obiettivo adesso è dare vita al nostro Manifesto, che dice quello che abbiamo capito di essere nella fase della mobilitazione e del consenso.

In breve e più chiaramente: cosa vogliono essere le Sardine nella loro fase 3?

Una casa in cui accogliere tutte le persone che vogliono arredarla, in cui intercettare quelle voci trasversali che spesso si presentano divise. C’è un vuoto di rappresentanza non solo a sinistra, ma anche nel mondo cattolico, nel Terzo settore. Tante risorse ed esperienze cercano sbocchi per farsi sentire e non li trovano. Questo è il nostro lavoro.

In che termini sviluppate il dialogo con il mondo cattolico?

Noi a Bologna siamo figli di Dossetti. Ci accomuna con il mondo cattolico la centralità della persona, il valore etico delle azioni quotidiane. C’è una visione antropologica e culturale che condividiamo. E per noi papa Francesco è una guida, un’icona. Ma non pretendiamo certo di rappresentare tutti e tutte le sensibilità.

Restate fermi sul 'no' all’impegno diretto nelle competizioni elettorali?

Non ci saranno liste delle Sardine. Noi siamo un enzima che vuole fare pressione dal basso perché ci sia unità nel campo progressista.

Parla delle Regionali, immagino. Sarete quindi parte attiva dei sei appuntamenti elettorali che dovrebbero tenersi a settembre?

Si tratta di elezioni molto complicate, con peculiarità in ogni Regione. La settimana prossima incontreremo i coordinamenti regionali: c’è autonomia nelle scelte, non è da escludere che si scelgano approcci diversi a seconda della Regione, ma sarebbe meglio avere una linea univoca delle sardine a livello nazionale. Ad oggi chiediamo unità alle forze di progresso, sul modello dell’Emilia Romagna. Nelle competizioni regionali, è centrale la coalizione più che il candidato presidente. La capacità di aggregare è una cosa molto da Sardine, ci spenderemo per questo.

Il campo progressista per voi può andare da Renzi a Di Maio?

Si, possono essere questi i confini politici. Ma quello di coalizione è un concetto che si allarga alla società civile. Se c’è capacità di aggregazione, di stare insieme, di definire un campo chiaro anti-sovranista e non populista, si recuperano tante persone che oggi sono senza rappresentanza.

Nessuna pregiudiziale, quindi, verso candidati-presidenti che potrebbero sembrare 'poco Sardine', faccio l’esempio di De Luca in Campania…

Nessuna pregiudiziale. Ripeto: non ci interessano i nomi dei candidati presidenti, ci interessa la coalizione, l’aggregazione delle forze di progresso.

Il core business delle Sardine, quindi, resta quello di creare un campo stabile, culturale e politico, in grado di fronteggiare Salvini…

Dopo la stagione della 'guerriglia urbana' - non violenta, ovviamente - in cui lo seguivamo città per città, la nostra diventa una guerra di posizione. Vogliamo radicare un’altra cultura rispetto a chi già si sta preparando a cavalcare il disagio sociale, a chi vuole riempire di nuovo la pancia delle persone di sensazionalismi.

È un messaggio anche a Conte e al governo, sui rischi sociali di questa fase?

Io ho un’impressione positiva di come il governo ha gestito la crisi sanitaria, specie nel raffronto con altri Paesi. Ora però ci sono difficoltà a trasformare le parole in fatti, o almeno i fatti si realizzano troppo lentamente. Non so se è colpa del governo o della macchina statale male organizzata. Viaggiando tra Bologna e Roma vedo che i segni di una reale ripresa sono pochi. Consiglierei a Conte di fare una conferenza stampa in meno e una cena in più al ristorante con i suoi ministri. Il Paese ha bisogno di segni visibili di speranza.

Vi vedrete, con Conte?

Dovevamo vederci prima del lockdown. A noi interessa l’incontro con l’istituzione. Pensiamo di avere molto da dire in termini di innovazione e comunicazione politica.

Vi pesa l’accusa di essere una longa manus del Pd nella società civile? Non ci interessano queste chiacchiere. Noi ci possiamo permettere battaglie che i partiti non possono permettersi, sulle quali anche il Pd e Zingaretti sono timidi. Il Mediterraneo, lo ius culturae... Temi scomodi che non si vogliono affrontare. Le battaglie che ci scegliamo dimostrano che siamo oltre ogni rapporto con i partiti.