Attualità

Le nuove norme. L’anticorruzione è legge

Marco Iasevoli venerdì 22 maggio 2015
La scena madre è del 15 marzo 2013: il neosenatore Pietro Grasso cammina spaesato nei corridori di Palazzo Madama e chiede aiuto ai cronisti per fotocopiare la sua prima proposta di legge, una nuova normativa anticorruzione. Dopo 795 giorni «Godot è arrivato», come commenta lo stesso ex procuratore antimafia ora diventato seconda carica dello Stato.Insomma, il ddl anticorruzione è legge. Ieri, al termine di una seduta-lampo, la Camera - deserta per metà - ha licenziato lo stesso identico testo trasferitogli dal Senato. 280 «sì», 11 astenuti (Lega) e 53 «no» soprattutto dalle fila di Forza Italia ed M5S. «Il contesto internazionale ci chiede misure più serie ed incisive – dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando in Aula prima del voto finale –. Basta polemiche strumentali, si riconosca che è stato fatto un passo avanti». Poco dopo il Guardasigilli "twitta" i due aspetti per lui cruciali: «Corrotti e corruttori tradiscono il Paese, l’Italia ora è più forte. E il falso in bilancio torna ad essere un reato punito con sanzioni severe. Abbiamo sconfitto chi scommetteva contro».In realtà l’originario testo Grasso è stato ampiamente ritoccato. Il punto saliente è l’aumento delle pene: la corruzione dovuta ad atto contrario ai doveri d’ufficio avrà un minimo di 6 e un massimo di 10 anni, due più delle norme precedenti. Più carcere anche per le altre tipologie corruttive e per il peculato. Il ddl introduce sconti di pena (da un terzo a due terzi) per chi aiuta a individuare i responsabili, recuperare le somme o evitare una ruberia ancora maggiore. L’altro aspetto sul quale il governo ha puntato molto è il principio per cui si può accedere al patteggiamento solo se si restituisce il malloppo. Un’altra novità è l’obbligo per il pm di informare l’Autorità anticorruzione delle sue inchieste e il ruolo dell’Authority per accedere ad appalti sospetti o secretati.C’è poi il fronte del falso in bilancio, depenalizzato dai governi Berlusconi. Il tema ha tenuto bloccato il provvedimento molto a lungo. L’equilibrio raggiunto tra Pd e Ncd prevede dai 3 agli 8 anni di reclusione per le società quotate (con possibilità dunque di usare le intercettazioni) e dagli 1 ai 5 anni per le non quotate (in questo caso le intercettazioni non sono autorizzate). Prevista la non punibilità per "tenuità del fatto" e comunque i fatti di lieve entità prevedono la prigione dai 6 mesi ai 3 anni. Le multe ai vertici vanno dalle 200 alle 600 quote societarie. Il ddl decreta un aumento di pene anche per l’associazione mafiosa: i boss ora rischiano sino a 26 anni (minimo 15), si va dai 10 ai 15 per gli affiliati, dai 12 ai 18 per i "promotori", dai 12 ai 20 se l’organizzazione è armata.Dal punto di vista politico, l’accordo Pd-Ncd prevede ora un intervento sul ddl-prescrizioni all’esame del Senato: saranno ammorbiditi rispetto all’attuale formulazione i criteri per determinare entro quando i reati non vanno più perseguiti. Per M5S, il testo anticorruzione varato ieri è «timido e senza coraggio». Per gli addetti ai lavori, a partire da Cantone, c’è moderata soddisfazione. Manca la possibilità di infiltrare agenti e una maggiore omologazione tra gli strumenti d’indagine anticorruzione e quelli antimafia.