Attualità

LA SCOMPARSA DI UNO STATISTA. Andreotti, addio di popolo Ma lo Stato c'era

Gianni Cardinale martedì 7 maggio 2013
Giù di un cardinale – e di quelli che contano – aveva dato la sua disponibilità, ma la liturgia è stata presieduta dal parroco, monsignor Luigi Veturi. Non erano esequie di Stato ma lo Stato c’era, con tanto di corone delle più alte autorità della Repubblica e la presenza del presidente del Senato Piero Grasso. Per volontà della famiglia sono state questi i funerali di Giulio Andreotti, semplice "popolano romano", come amava definirsi, che ha interpretato da statista buona parte dei 94 anni vissuti nella sua Roma. Una cerimonia semplice, quella celebrata ieri pomeriggio nella Basilica di San Giovanni de’ Fiorentini per l’illustre "parrocchiano", arricchita dai canti in latino e dalle belle parole pronunciate da don Veturi nell’omelia sul «nostro fratello Giulio». Ad ascoltare, la famiglia Andreotti innanzitutto. Poi tanti volti noti della politica. Tra i primi ad arrivare c’è Gianni Letta. La vecchia classe dirigente dc è quasi al completo. Ci sono Emilio Colombo, Ciriaco De Mita, Nicola Mancino, Arnaldo Forlani, Vincenzo Scotti. E poi Franco Marini, Pier Ferdinando Casini, Clemente Mastella, Paolo Cirino Pomicino, Giuseppe Zamberletti, Beppe Pisanu, Roberto Formigoni, Maurizio Lupi, Marco Follini, Rosa Russo Jervolino e Mariapia Garavaglia. C’è anche donna Vittoria Leone col figlio Mauro. Ma non manca chi dc non è mai stato, come Gianni De Michelis, Franco Carraro e Maurizio Gasparri. Presenti anche Mario Monti e Andrea Riccardi. Impossibile elencare tutte le personalità note presenti in una basilica colma anche di tanti semplici fedeli e cittadini, che hanno voluto tributare il loro ultimo saluto al grande politico. A coordinare artigianalmente, ma efficacemente, l’afflusso delle autorità ci sono Patrizia Chilelli, storica segretaria del senatore a vita, e Angelo Chiorazzo, negli ultimi anni particolarmente vicino ad Andreotti e alla sua famiglia. La corona del presidente della Repubblica è presidiata da due corazzieri, ma c’è anche il gonfalone del Comune di Roma – con il sindaco Gianni Alemanno – e pure, listato a lutto, il labaro della Roma, la squadra del cuore di Andreotti. Il feretro, tra gli applausi, è portato a spalla dai carabinieri della scorta guidati da Giancarlo Buttarelli. Le letture sono proclamate dai nipoti Giulio Andreotti – si chiama proprio come il nonno – e Paolo Ravaglioli. La preghiera dei fedeli dal figlio Stefano. Semplice e commovente l’omelia di don Veturi. Con lui concelebrano numerosi sacerdoti, l’arcivescovo di Gaeta Fabio Bernardo D’Onorio e l’abate di Montecassino dom Pietro Vittorelli. Assistono anche l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio della nuova evangelizzazione e già "cappellano" del Parlamento, e il vescovo Giuseppe Sciacca, segretario del Governatorato della Città del Vaticano. «Papà vi voleva bene – ha detto il parroco ai figli –, e voleva bene alla sua parrocchia». E ha raccontato «ad alta voce», l’Andreotti che ha conosciuto personalmente e da vicino, ben diverso da quello raccontato da tante parti. Un Andreotti che andava a Messa tutte le mattine, con una «fede che ha illuminato tutta la vita di marito e di padre», e «l’impegno nella vita sociale e politica». Un Andreotti che non dimenticava mai di fare la carità ai poveri, «che come dice san Lorenzo sono il tesoro della Chiesa». Un Andreotti sempre attento ai suoi interlocutori e sempre pronto a rispondere personalmente alle numerose lettere che il «parroco postino» gli girava dopo averle ricevute dai fedeli. Don Veturi ha anche ricordato la rivista 30Giorni che Andreotti ha diretto dal 1993 fino allo scorso anno, quando ha sospeso le pubblicazioni. La cerimonia termina con il canto del Regina Coeli. E don Luigi volge lo sguardo di tutti verso la statua della Madonna, dono del "popolano romano" Andreotti e della sua famiglia alla parrocchia.