Attualità

VERSO IL NUOVO GOVERNO. Amato è pronto, ma c'è anche Renzi

Marco Iasevoli martedì 23 aprile 2013

Giorgio Napolitano ieri ha sentito quattro volte Giuliano Amato, e l’ex premier ha offerto la sua disponibilità. Al netto degli imprevisti politici, ovviamente. «Presidente, obbedisco, ma occorre che le forze parlamentari diano una reale disponibilità a varare le misure che proporremo, che le riforme si facciano davvero, che ci sia un accordo subito sulla legge elettorale. Anche per me è un sacrificio, è da sette anni che sono fuori, questa non è la politica in cui sono vissuto io», ha detto il dottor Sottile.Dunque il suo «si» non è ancora certo. E non sarà lui a fare un passo avanti mentre la Lega e parte del Pd pongono un veto sul suo nome. In particolare è la partita in campo democratico a rendere dubbioso Amato. Quanto trapela in serata dà conferma ai suoi dubbi. «In direzione proporrò Renzi premier», dice il "giovane turco" Matteo Orfini. «Buona idea», rilanciano i lettiani e i parlamentari renziani. La candidatura decolla nonostante il "rottamatore" si chiami esplicitamente fuori. E il motivo è chiaro: gli under40 del Pd vogliono salvare la sostanza (l’accordo con il Pdl) e la forma (non rendere all’esterno l’idea di ripiegare sulla "vecchia politica").L’ipotesi-Renzi dunque c’è. Ma è davvero ardua, appare figlia della lotta generazionale all’interno dei democrat e come uno sconvolgimento della rotta-Napolitano. E infatti Berlusconi mostra di non crederci sino in fondo, la vive quasi come un’insidia. Perciò sta esercitando un pressing sfrenato sulla Lega (nonostante i numeri del Carroccio non siano decisivi per la fiducia) perché alla fine accetti o "tolleri" Amato. Berlusconi ha dato un "si" di massima anche ad altri nomi: in primis Enrico Letta, che ieri ha ricevuto anche l’endorsement proprio di Matteo Renzi, poi il presidente dell’Istat Enrico Giovannini e l’attuale ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri.La sensazione però è che Napolitano non abbia voglia di fare grandi mediazioni. Già stamattina riceverà i presidenti della Camera Laura Boldrini e il vertice di Palazzo Madama Pietro Grasso per il via alle consultazioni. Poi, tra oggi pomeriggio e domattina, completerà i colloqui con i partiti. Buoni ultimi i democrat, ovviamente. Sarà, spiega in una nota Napolitano, «un rapido giro di incontri essenzialmente per verificare ogni eventuale aggiornamento delle posizioni già illustrate nelle precedenti consultazioni per la formazione del nuovo governo».Un aggiornamento rispetto all’unica formula scartata tre settimane fa sia da Bersani sia da Berlusconi: il governo del presidente. Tutto scontato? Per nulla. Sino alla candidatura di Renzi, sembrava oggetto di trattative soprattutto l’intensità politica dell’esecutivo. Nel Pdl sono pronti a mettere in campo big come Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello e Maria Stella Gelmini con l’obiettivo di imporre al Pd un’analoga presenza politica. E anche Scelta civica è disposta a schierare la batteria pesante: Mario Monti (Esteri) e Mario Mauro. Ma la vecchia guardia democrat pareva preferire solo esponenti di seconda fila e tecnici d’area. Altro problema è la possibile sovrarappresentazione "indiretta" dei montiani attraverso la conferma di ministri come Cancellieri, Passera (nome che il Colle tiene in conto anche per Palazzo Chigi), Balduzzi, Riccardi, Moavero.Gli altri due nodi sono la durata prevista e la reale volontà di fare riforme. Renzi non vuole andare oltre l’anno, Berlusconi vuole che ci si spinga oltre. E poi, sentite le "minacce" di Napolitano, ci si interroga sulla capacità di varare subito una nuova legge elettorale. In ogni caso, l’intero complesso delle riforme istituzionali dovrebbe essere affidato ad una Convenzione mista di parlamentari e tecnici esterni.Non bisogna poi dimenticare le difficoltà legate alla scrittura di un programma comune. D’accordo, c’è l’agenda dei saggi sugli interventi di natura economica, ma il Cav non accetterà un’impostazione all’insegna del rigore. E vorrebbe che il nuovo esecutivo tenesse fede alla promessa elettorale di cancellare l’Imu sulla prima casa. Perciò si cercano ministri del Tesoro "sviluppisti": i nomi più gettonati sono Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, e Pier Carlo Padoan, capoeconomista e vice direttore generale dell’Ocse.Nessuno lo ammette, ma l’altra casella cruciale è quella di Guardasigilli. Se Alfano farà il vicepremier con Enrico Letta, allora il Pdl preferirebbe un democrat di garanzia come Luciano Violante, o il magistrato in quota Scelta civica Stefano Dambruoso. E non si scarta nemmeno la riconferma di Paola Severino. La partita ormai non interessa più M5S. Che però ha una carta da giocare, sulla scia di quanto accaduto per il Colle. Indicare un candidato premier ancora una volta vicino alla sinistra radicale, in grado di mettere in difficoltà il Pd.​