Attualità

Alla Camera. Fiducia-bis per il governo Draghi: 535 sì, 56 contrari

Eugenio Fatigante giovedì 18 febbraio 2021
Secondo giorno dell'"operazione fiducia" per Mario Draghi. Il nuovo governo oggi ha replicato alla Camera, dopo il voto incassato ieri a tarda sera al Senato. Come previsto, il presidente del Consiglio non ha ripetuto a Montecitorio il discorso già tenuto a Palazzo Madama e che già ieri, appunto, egli stesso aveva provveduto a consegnare all'altro ramo del Parlamento. Nell'aula, piena, si è partiti subito con la discussione generale che, con una pausa per la sanificazione degli spazi, è andato avanti fino alle 19, quando l'ex presidente della Bce ha replicato.

Draghi ha parlato di legalità e sicurezza "base per attirare investimenti", mentre "la corruzione è disincentivante sul piano economico per gli effetti depressivi sulla competitività e la concorrenza", è tornato sul tema della giustizia civile e penale per arrivare a un "processo giusto e di durata ragionevole in linea con la media degli altri paesi", ha ricordato quanto già affermato ieri sul turismo, che "merita sostegno", così come lo sport, un settore che ha sofferto e che deve ripartire. POi ha chiuso con questo auspicio: "Spero condividiate questo sguardo costantemente rivolto al futuro, che confido ispiri lo sforzo comune verso il superamento di questa emergenza sanitaria e della crisi economica. E che certamente caratterizzerà, nelle mie ambizioni, l'azione di questo governo".

Draghi ha seguito il dibattito seduto ai banchi del governo, tra i ministri degli Esteri e dell'Interno, Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese.

Infine la votazione, con l'esito alle 21.45: il governo Draghi ha incassato la fiducia con 535 sì. I voti contrari sono stati 56 e 5 sono state le astensioni.

Si è trattato di un'altra votazione scontata, anche se quella di questa sera, come già mercoledì sera al Senato, non ha consentito a Draghi di superare il recente primato di voti, che resta saldamente nelle mani di Mario Monti: il nuovo esecutivo si è fermato infatti in Senato a 262 sì, a fronte dei 281 che ottenne il professore della Bocconi nel novembre del 2011, mentre a Montecitorio ottenne 556 sì. Draghi si posiziona al terzo posto per voti favorevoli al suo governo, dopo Monti e il governo Andreotti IV (del 1978) che ottenne 545 sì. Rispetto al primo esecutivo Conte, che nel 2018 ebbe 350 sì, quello di Draghi vanta 185 consensi in più. Lo scarto con il Conte bis (votato positivamente da 343 deputati) è oggi di 192 voti in più.

Alla Camera oggi 16 deputati pentastellati hanno votato contro la fiducia, altri 4 si sono astenuti e 12 non hanno partecipato al voto.

Hanno votato a favore Pd, Lega, Fi, Leu, i gruppi parlamentari più piccoli e la stragrande maggioranza del M5s. Hanno votato no FdI e il drappello di grillini dissidenti.

L'ampia fiducia del Parlamento al governo Draghi fa registrare la soddisfazione di Sergio Mattarella, che ha visto così accolto il suo "appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non
debba identificarsi con alcuna formula politica".

Sedici giorni dopo questo appello risuonato al Quirinale, seguito al fallimento dell'esplorazione del presidente della Camera Roberto Fico, il governo è ufficialmente operativo.

Domani, venerdì, Draghi parteciperà al vertice dei leader del G7, poi nel weekend completerà la squadra di governo con le nomine i
viceministri e sottosegretari.

La votazione al Senato

Al Senato hanno pesato, oltre ai 17 assenti (8 dei quali tra le file pentastellate), i 40 no: i 19, scontati, dell'intero gruppo di Fratelli d'Italia, l'unico all'opposizione, più 4 del misto, 2 di Liberi e Uguali e i 15 del Movimento 5 stelle, fra i quali l'ex ministro del Sud, Barbara Lezzi, Nicola Morra, attuale presidente della commissione Antimafia, ed Elio Lannutti.

E qui c'è da registrare la novità più forte della mattinata: dei 15 senatori grillini in questione è stata annunciata, su Facebook, l'espulsione dal Movimento da parte del capo politico reggente, Vito Crimi, per il quale con il loro gesto «si collocano, nei fatti, all’opposizione. Per tale motivo non potranno più far parte - ha proseguito Crimi - del gruppo parlamentare del Movimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo». I diretti interessati già minacciano di rivolgersi ai tribunali per adire le vie legali.