Attualità

Minori. Adozioni, la politica batte un colpo

Angelo Picariello mercoledì 16 luglio 2014
Adozioni in calo, che fare? Il Parlamento si interroga e alla fine trova una soluzione condivisa. Dopo la discussione alla Camera delle diverse mozioni, presentate sulla scia del caso Congo, ieri a Montecitorio s’è trovato un accordo che impegna il Governo a una rinnovata, concreta attenzione sull’argomento. A cominciare dalle risorse da destinare alla Commissione adozioni internazionali (Cai), che devono essere adeguate per quanto riguarda le attività ordinarie, per le attività di vigilanza, per le relazioni internazionali ed i negoziati con i Paesi di origine dei minori. Ma sul tavolo di Renzi c’è la chiamata a risolvere nel più breve tempo possibile anche altre questioni spinose: adottare ogni iniziativa utile a reperire le risorse necessarie per erogare i i rimborsi relativi alle procedure di adozione ancora in sospeso (anni 2011, 2012, 2013), nonché a stabilizzarli per il futuro, attraverso un aumento delle risorse disponibili per il Fondo per le politiche della famiglia. E ancora, riconsiderare l’obbligatorietà della certificazione delle spese (oggi in capo agli enti autorizzati) permettendo l’autocertificazione in merito da parte delle coppie; prevedere la possibilità di agevolazioni relative ai congedi parentali, anche spostando il limite temporale in cui godere dei permessi non retribuiti, ampliando la normativa vigente; valutare la possibilità di superare il sistema dei rimborsi sostituendolo con misure fiscali idonee a sostenere le famiglie che concludono il percorso adottivo, sia per le spese sostenute durante il percorso adottivo che nel percorso di post-adozione. LA RISPOSTA ALL’APPELLO DELLA CEI Una presa di coscienza, quella della politica, che viene incontro all’appello di qualche settimana fa dell’Ufficio famiglia della Cei a tutte le forze in campo (famiglie, enti, istituzioni) a fare fronte comune. Il problema non è solo italiano, d’altronde: le adozioni sono in calo generalizzato nel mondo, pesa anche la messa in discussione del modello famiglia in alcuni Stati a rendere più diffidenti i Paesi di provenienza (il caso Congo ne è un esempio). Sul tema fioccano anche le proposte di riforma, ma più che di una nuova legge quadro (quella che c’è, la 184, è del maggio ’83, poi modificata a fine anni ’90 a seguito della ratifica della convezione dell’Aja) ci sarebbe bisogno di interventi specifici ad hoc, legislativi o anche solo regolamentari. Cruciale è intervenire sulla certezza e uniformità delle procedure (in un ginepraio di diversi orientamenti di enti, tribunali e diverse legislazioni degli Stati di provenienza) e sui costi, adottando misure anche qui di uniformità e trasparenza dei costi. Milena Santerini (PI), già autrice di una proposta di legge, si è fatta anche promotrice di un intergruppo adozioni che si è messo in ascolto di enti, istituzioni e associazioni. Per fare il punto, e per scoprire che sull’adozione c’è più da potenziare che da cambiare, più da correggere il tiro che rivoluzionare. IL PRIMATO INTERNAZIONALE Un po’ di dati per capire. Sul versante adozioni internazionali, è vero, si registra una brusca discesa: nel 2012 si è passati a 3.016 bambini adottati a fronte dei 4.130 del 2010 e 4.022 del 2011. Tuttavia nel 2013 l’ulteriore calo è stato più contenuto, con 2.825 adozioni andate a buon fine. Ma c’è un altro dato più indicativo e strutturale. Se nel 2006 furono 6.237 i decreti di idoneità emessi per altrettante coppie, essi si sono ridotti negli anni di oltre la metà, con sole 2.909 idoneità nel 2013. Difficile addebitare un calo così vistoso e costante al solo ingorgo burocratico nei tribunali minorili o nei servizi sociali. Certo, la crisi ha inciso, con i costi sempre molto alti di un’adozione internazionale, ma – curiosamente – i dati dimostrano che il calo maggiore si registra proprio nella prospera Lombardia, oltre che nel Lazio, mentre l’incidenza percentuale delle adozioni nel Sud colpito in pieno dalla crisi economica è in leggero e costante aumento (dal 30,3 del 2012 al 31,1% del 2013) dando la sensazione che la vera crisi sia di ordine sociale prima ancora che economico, essendo l’adozione – così come regolata in Italia – strettamente collegata al modello della famiglia naturale. Le cui difficoltà rischiano di ripercuotersi sulle adozioni, che richiede stabilità di coppia e cultura dell’accoglienza. Mentre avanzano altri modelli, quello del figlio ad ogni costo (anche in senso economico) e quello delle convivenze non formalizzate che vengono considerate carenti dalla legge sulle adozioni vigente sotto il profilo della progettualità, con lo sguardo rivolto all’interesse primario del minore. D’altro canto l’Italia (quarta per numero di adozioni internazionali nel quinquennio 2001-2005, nonostante il calo) è ora saldamente al secondo posto dopo gli Usa, per via del calo ben più vistoso registratosi in Spagna e Francia che hanno avuto un crollo. Il ruolo svolto dalla Commissione per le adozioni internazionali (Cai) ha consentito al nostro Paese di dar vita a un vero e proprio modello, per numeri e qualità, che ora va rilanciato. ADOZIONI NAZIONALI, IL BUCO NERO Ma il vero buco nero restano le adozioni nazionali, per le quali manca un coordinamento fra i Tribunali e i Servizi territoriali. Manca soprattutto la banca dati più volte annunciata, vi sono solo stime che contano nel 2013 in circa 1.900 i bambini che sono riusciti a trovare una famiglia tramite questa strada. Un fenomeno, questo sì, che andrebbe regolato in profondità anche per le strette interazioni delle adozioni nazionali con l’istituto dell’affido. Che spesso si trasforma in vera e propria adozione, ma non di rado assiste al percorso inverso con adozioni gravate dal cosiddetto “rischio giuridico” e revocate per situazioni sopraggiunte (spesso il recupero della patria potestà da parte di uno o entrambi i genitori). Il governo con la nomina di Della Monica in aprile ha dato una prima risposta operativa dopo una fase di incertezza. Palazzo Chigi ha scelto anche di tenere per sé la delega e la Commissione si è messa a lavorare di buona lena. La strada indicata dalla Cei sembra quella giusta: una nuova alleanza sulle adozioni, con una rinnovata spinta sul versante educativo che potrà venire anche dal coinvolgimento delle associazioni familiari in chiave “pre” e soprattutto “post”-adottiva.