Attualità

Migranti. Stretta della Libia sulle Ong. E doppio gioco su Bija

Redazione Internet martedì 29 ottobre 2019

Il campo di detenzione di Zawaiya, 30 chilometri da Tripoli (Ansa)

Il decreto del Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico ha già un mese e mezzo (è stato emesso il 15 settembre scorso), ma solo ora ne è stata resa nota una traduzione in italiano, grazie all'Ufficio immigrazione dell'Arci. E non promette nulla di buono per le ong che svolgono attività di soccorso dei migranti nel Mediterraneo. Se vogliono svolgere attività di Ricerca e soccorso nelle acque di competenza libica dovranno infatti richiederne formalmente l'autorizzazione alle autorità di Tripoli e rispettarne le norme.

Il controllo per le Ong sarà strettissimo, perché sono tenute a "fornire periodicamente tutte le informazioni necessarie, anche tecniche relative al loro intervento, al Centro di coordinamento libico per l salvataggio"; a "non bloccare le operazioni di ricerca e salvataggio" esercitate dalla Guardia costiera locale e a "lasciarle la precedenza d'intervento"; a "informare preventivamente il Centro di coordinamento libico" di iniziative autonome, anche se ritenute "necessarie " e "urgenti".

E anche per i naufraghi ci sono nuove disposizioni: le persone salvate dalle Ong - precisa il testo - "non vengono rimandate in Libia tranne nei rari casi eccezionali e di emergenza" ma il personale libico "è autorizzato a salire a bordo ad ogni richiesta e per tutto il tempo valutato necessario, per motivi legali e di sicurezza".

E ancora: dopo il completamento delle operazioni di ricerca e soccorso, "le barche e i motori usati nelle operazioni di contrabbando saranno consegnati allo Stato libico" mentre "salvo le comunicazioni necessarie nel contesto delle operazioni di salvataggio e per salvaguardare la sicurezza delle vite in mare, le unità marittime affiliate alle Organizzazioni s'impegnano a non mandare nessuna comunicazione o segnale di luce o altri effetti per facilitare l'arrivo d'imbarcazioni clandestine verso loro".

No al rinnovo degli accordi Italia-Libia

Intanto crescono le voci contrarie al rinnovo degli accordi tra Italia e Libia, che nel silenzio del governo si prorogheranno in maniera automatica a partire dal 2 novembre. In base al Memorandum d’intesa tra Italia e Libia, siglato nel febbraio del 2017, (e se non ci saranno modifiche) l’Italia continuerà a sostenere la cosiddetta Guardia Costiera libica e i campi di prigionia. Una posizione, quella del nostro governo, fortemente criticata dalle organizzazioni umanitarie. Tra l'altro, l'accordo non è stato ratificato dal Parlamento, come invece chiede la Costituzione.

Il Tavolo Asilo, composto dalle principali organizzazioni italiane, oggi ha lanciato un appello al governo italiano e in particolare al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per chiedere di non rinnovare l’accordo. Amnesty International ricorda che se verrà rinnovato automaticamente, resterà in vigore altri tre anni. Molto critica anche Intersos: «Come organizzazione umanitaria operativa a Tripoli e nel Sud della Libia con programmi di aiuto e protezione per i minori – si legge in una nota – , chiediamo con forza che il governo italiano annulli il Memorandum del 2017 e i precedenti accordi con il Governo libico e che, fatti salvi gli interventi di natura umanitaria, non vengano rifinanziati quelli di supporto alle autorità libiche nella gestione e controllo dei flussi migratori». Analoghe richieste arrivano da esponenti politici, soprattutto della maggioranza. Per Rossella Muroni (Leu) «se non vogliamo essere complici di violazioni di diritti umani e crimini contro l’umanità, l’Italia deve revocare l’accordo». Chiede che «sia fatta chiarezza fino in fondo» anche Nicola Fratoianni. Per l’esponente di Sinistra italiana «Il governo dovrà agire su questo fronte, con trasparenza e senza ambiguità. Questa vicenda rafforza la necessità e il dovere morale – conclude – che gli accordi con la Libia non siano rinnovati dall’Italia». Il senatore Pd Francesco Verducci ribadisce che «il Memorandum firmato con la Libia non può essere tacitamente rinnovato. Dovrà essere il Parlamento a discuterne e a decidere. Quel che è emerso sui "campi-lager" libici e sulla complicità di frange della cosiddetta Guardia costiera libica impone all’Italia di revocare quegli accordi». «A cos’altro dobbiamo assistere – si domanda Emma Bonino (+Europa) – per fermare questa scellerata collaborazione che ha reso l’Italia colpevole di violazioni gravissime e complice delle più efferate violenze nei confronti di decine di migliaia di persone nelle mani di uomini spietati?».

Anche Mediterranea Saving Humans chiede al governo l'interruzione degli accordi con la Libia: "Gli accordi con la Libia, dai più ai meno risalenti, hanno reso il Mediterraneo una delle frontiere più letali del nostro tempo, affidando a milizie e reti mafiose la vita di centinaia di donne uomini e bambini in fuga, arrivati a sentire la terra un posto meno sicuro del mare. Non è pensabile continuare ad osservare, inermi, le continue violazioni del diritto internazionale ed i continui processi di mistificazione della realtà, che equiparano la Libia ad un Paese con cui interloquire a livello nazionale ed europeo".

E Oxfam, dal canto suo, spiega che l'accordo «ha di fatto consentito le violazioni indicibili che si attuano nei campi di detenzione e non dovrebbe dunque essere tacitamente rinnovato. - ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia - Al momento nei centri di detenzione ufficiali sono rinchiuse oltre 4.500 persone secondo l'Unhcr, mentre in quelli non ufficiali, gestiti dalle organizzazioni criminali, ne sono stimati a decine di migliaia". "Uomini, donne e bambini che non solo subiscono trattamenti inumani e degradanti, ma rischiano di morire sotto le bombe in un paese in guerra. Un orrore a cui bisogna porre fine con un Piano di evacuazione coordinato dalle Nazioni Unite, - continua Pezzati - che preveda una ridistribuzione dei migranti a livello europeo. È inoltre urgente una seria azione di monitoraggio e inchiesta di quanto successo fin qui, attraverso l'istituzione di una Commissione parlamentare".

Ma sul piatto, oltre ad esserci i diritti umani (negati) ci sono anche centinaia di milioni di euro. Per l’esattezza 150, denuncia Oxfam. A tanti ammontano infatti i fondi che l’Italia ha destinato per attuare il memorandum d’accordo con Tripoli con l’obiettivo principale di frenare il flusso migratorio nel Mediterraneo.

In particolare, secondo Oxfam, 43,5 milioni sono stati spesi dall’Italia nel 2017, più di 51 milioni nel 2018 e quest’anno si è già a 56 milioni. «Bisogna mettere la parola fine a una delle pagine più tristi e vergognose della nostra storia recente» dice l’organizzazione umanitaria sottolineando che «l’accordo, peraltro, non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano contrariamente a quanto previsto in Costituzione». Un’intesa che «ha di fatto consentito le violazioni» dei diritti umani che avvengono nei «lager ufficiali», dove ci sono quasi 5mila migranti. Senza contare che, dice Paolo Pezzati, esperto di crisi umanitarie di Oxfam Italia, «i soldi spesi dai Governi Gentiloni e Conte sono serviti a finanziare la Guardia costiera libica che, come denunciato dall’Onu, impiega alcuni dei più pericolosi trafficanti di esseri umani».

Bija nominato capo della Guardia costiera di Zawyah

«Nessun mandato di cattura per Bija». Mohamed Sakr, funzionario della Guardia costiera libica della regione occidentale della Libia, interpellato da "Agenzia Nova", conferma che Abd al Rahman al Milad, alias Bija, continua ad operare normalmente. Solo sabato scorso, come scritto su queste stesse pagine, il ministro dell’Interno libico aveva chiesto l’esecuzione del mandato d’arresto per il noto trafficante.

A firmare il provvedimento sarebbe stato proprio Fathi Bashaga, il titolare dell’Interno che nei giorni scorsi aveva incontrato a Roma l’omologo Luciana Lamorgese. Tuttavia, secondo Sakr attualmente Bija «opera normalmente nell’ambito dei compiti che gli sono stati assegnati a Zawiya e non ha nulla a che fare con il traffico di esseri umani». Non solo, Sakr ha anche indicato di essere "in contatto" con il primo ministro del Governo di accordo nazionale, Fayez al Sarraj, «per rimuovere il nome di Bija dall’elenco delle sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu e per eliminare eventuali equivoci al riguardo, dal momento che Bija è uno dei principali leader coinvolti nella difesa di Tripoli nella guerra attualmente in corso».

Sakr ha anche aggiunto, come riportato sempre dall’Agenzia Nova, che «le accuse contro Bija sono prive di fondamento e si basano su voci diffuse per offuscare l’immagine della Guardia costiera libica» e che la Marina libica «sta facendo del suo meglio per combattere la migrazione illegale, nonostante tutte le sfide che deve affrontare, come le attività di disturbo delle Ong al largo delle coste libiche che contribuiscono ad aumentare la migrazione attraverso il Mediterraneo».

QUI TUTTI GLI ARTICOLI SU BIJA

600 persone rilasciate dai centri di detenzione

Circa 600 migranti sono stati appena rilasciati nelle strade dal centro di detenzione di Abu Slim in Libia. Lo ha annunciato su Twitter l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). "La loro sicurezza è motivo di grande preoccupazione mentre gli scontri armati continuano a Tripoli - prosegue l'Oim - La liberazione dei migranti dovrebbe avvenire in maniera ordinata e la loro protezione deve essere garantita".