Attualità

Caritas. «Accogliere, assistere, prendersi cura. Un metodo valido per altri 50 anni»

Paolo Lambruschi sabato 26 giugno 2021

L’arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas Italiana, Carlo Roberto Maria Redaelli

«Le parole del Papa sono state di grande incoraggiamento per noi e di prospettiva per il futuro. Le testimonianze bellissime da tutta Italia ci hanno mostrato una Caritas davvero innovativa e capace di rispondere ai bisogni dei poveri e di coinvolgere le persone». Dopo l’udienza per i 50 anni l’arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas Italiana, Carlo Roberto Maria Redaelli, prova a guardare avanti, al tempo difficile che arriverà.

Cosa emerge dai racconti dai territori?
Il volontario della Caritas non è solo qualcuno che dona al povero, ma è chi dagli ultimi riceve e impara. E chi offre il proprio tempo cresce nella sensibilità e nella carità .Vede nel povero il volto di Cristo e questo cambia anche i cuori di chi svolge volontariato. Questo è un messaggio bellissimo. Certamente c’è poi un’assistenza concreta ai poveri che si sa adattare ai mutamenti, come abbiamo visto anche in questi mesi di pandemia, ma va sempre caratterizzata da un’attenzione alla persona da accogliere in quelli che abbiamo chiamato centri d’ascolto e non di assistenza.

Sono ancora attuali le intuizioni di mezzo secolo fa di Paolo VI e del primo presidente della Caritas don Giovanni Nervo?
Sì, perché la Caritas italiana nasce da intuizioni incredibili. Paolo VI intuì l’importanza di creare un organismo che non fosse solo assistenziale, ma che svolgesse anche una attività di promozione umana di carattere pedagogico per far crescere la testimonianza della carità nelle comunità locali. Dal canto suo, don Nervo non solo ascoltava e amava i poveri, ma sapeva studiare il fenomeno povertà. Sapeva che occorre fare ricerca e la Caritas per questo continua ad essere attenta alla realtà, per conoscere le dinamiche e le cause che generano le povertà. Questa intuizione di don Giovanni ci ha aiutato a passare dall’assistenza alla testimonianza e il metodo vale per i prossimi 50 anni. Guardando indietro, vedo che la Caritas è stata costruita nelle diocesi anche dalle intuizioni di tante persone impegnate quotidianamente con gli ultimi. Anche a loro dobbiamo molto.

Il Papa ha ringraziato il popolo della Caritas per quanto ha fatto durante la pandemia. Ma lo ha anche invitato a non scoraggiarsi se i poveri aumenteranno nel futuro prossimo...
Purtroppo temiamo molto l’aumento della povertà nei prossimi mesi. Questo significa che dobbiamo sempre ricominciare dalle persone senza timori, anche con quella inventiva, quella fantasia della carità che per Francesco è lasciarsi guidare dallo Spirito con la creatività dei giovani.

Durante il lockdown, molti nuovi volontari "under 25" hanno consentito con il loro impegno spontaneo e con generosità ai servizi caritativi di non interrompersi. E ora?
Facciamo loro spazio. Penso sia giusto che siano loro a inventare qualcosa anche per i loro stessi coetanei, trovando le modalità più indicate. Il Papa ci ha ricordato nel suo discorso che i giovani sono tra le categorie più vulnerabili e colpite dagli effetti del coronavirus. Pensiamo solo alla scuola, con le lezioni a distanza. Anche ora che la situazione è migliorata, ci sono ragazze e ragazzi che non sono ancora usciti di casa perché sono spaventati. E quelli un po’ più grandi fanno fatica a trovare lavoro. E se lo trovano non è quello che speravano e sul quale hanno investito risorse e magari anni di studio.

La Caritas è la Chiesa che fa chiasso?
In questi cinquant’anni Caritas ha fatto anche un servizio di advocacy, che significa capire le ragioni del disagio e fare pressioni sull’opinione pubblica e sulle istituzioni affinché pongano attenzione specifica su questi problemi, a volte suggerendo anche le modalità di intervento. Per me la Caritas è la Chiesa che agisce anche con molta discrezione e rispetto per i poveri e che si mette in ascolto. Una testimonianza diceva ad esempio che molti indigenti vanno agli empori della solidarietà, che certo sono importanti, ma preferirebbero venire aiutati nella normalità del supermercato. Il chiasso lo fanno la testimonianza e la gioia di chi si sente accolto e di chi accoglie.