Attualità

INTERVISTA. Don Mori (Foi) «Accoglienti e aperti: il nostro stile da sempre»

Enrico Lenzi giovedì 27 giugno 2013
Una risposta sociale, ma soprattutto «il segno di un apprezzamento per le proposte educative che forniamo nei nostri oratori». Legge in questo modo l’aumento delle iscrizioni agli oratori estivo, don Marco Mori, presidente del Forum degli oratori italiani (Foi). «Dimostra – aggiunge – come sappia rispondere a domande di accoglienza, di percorsi educativi validi e, non nascondiamolo, anche di risposta a problemi economici delle famiglie stesse. Ma l’aumento delle iscrizioni dice anche che le nostre proposte educative sono percepite dai genitori come interessanti, ben pensate e attuate in modo positivo».L’oratorio è da sempre luogo dell’accoglienza. E in questi ultimi anni l’esperienza estiva ha visto una progressiva apertura all’accoglienza dei bambini non cristiani e dei disabili. Come operano le parrocchie?È normale per un oratorio essere il luogo dell’accoglienza. Potremmo dire che lo ha nel suo Dna. Del resto l’oratorio per sua natura non approccia le novità del mondo giovanile come problemi, ma come accoglienza di bisogni e necessità. È lo stile. E così sta facendo nei confronti dei ragazzi portatori di handicap e di quelli di altre religioni che chiedono di partecipare. Quando si esplicita il bisogno dell’accoglienza non è dunque solo accogliere il problema, bensì è farsene carico e inserirlo in una dinamica educativa. E poi in alcune realtà abbiamo anche tra i nostri animatori ragazzi che non sono cristiani.Ma questo non rischia di snaturare l’identità dell’oratorio, luogo anche di formazione cristiana?Voglio essere chiaro: l’oratorio è realmente un luogo aperto e accogliente con tutti e non per questo diminuisce la sua consapevolezza di essere anche luogo di evangelizzazione. La presenza di ragazzi di altre religioni è forse l’occasione migliore per risvegliare il senso di appartenenza a un’identità cristiana. E poi non nascondiamoci il fatto che a volte l’oratorio estivo è anche l’occasione di un’azione pastorale rivolta a cristiani "tiepidi". Per degli adolescenti doversi confrontare con loro coetanei ed essere chiamati a dare ragione della propria fede è la via migliore per sviluppare una consapevolezza della propria identità.Insomma un luogo in cui fare integrazione culturale?Accoglienza e consapevolezza, mi sembrano le linee guida di un approccio, che vedo condotto con saggezza e praticità dai nostri oratori. Nessuno di loro retrocede dalla propria identità. Da questo punto di vista con l’interazione tra i ragazzi davvero si procede lungo la strada dell’interazione e dell’accoglienza. È un dono che i nostri ragazzi ci portano.Due milioni di iscritti, quasi 300mila animatori. Cifre imponenti.Certo, ma più dei numeri ritengo interessante constatare che siamo in questo periodo la prima agenzia educativa nel nostro Paese. Mi ha impressionato scoprire anche l’aumento dei cammini di preparazione verso questo appuntamento estivo, il maggior coinvolgimento delle famiglie, la capacità degli oratori di essere presenza viva e animante nel proprio territorio.Dunque una grande preparazione alle spalle di questo momento di vita dell’oratorio?Direi di sì. Sono decine i sussidi che si occupano dell’oratorio estivo o dei Grest. E i due mesi precedenti sono ricchi di appuntamenti di preparazione all’evento estivo. È forse una delle poche volte in cui gli adolescenti sono contenti di assistere a una lezione. Lo sono perché sanno che saranno protagonisti come animatori. Un’immagine davvero distante da quella che solitamente riserviamo ai nostri adolescente negli altri mesi dell’anno: poco responsabili, incapaci di prendersi degli impegni e via dicendo. Senza i 300mila animatori adolescenti e giovani non potremmo fare i nostri oratori estivi.