Attualità

Guerra e violenze. Aborto per gli stupri? C'è un'altra strada

Francesco Ognibene sabato 16 aprile 2022

Dell’arsenale di brutalità di ogni guerra fa parte anche lo stupro. Pure di questo crimine sembrano essersi macchiate le truppe d’invasione russe, secondo testimonianze che hanno iniziato a emergere attorno al 20 marzo e che vanno facendosi ogni giorno più circostanziate. Di fronte a una forma particolarmente odiosa di violenza occorre aprirsi a un supplemento di accoglienza delle donne abusate. C’è chi inizia a porsi la domanda giusta – come comportarsi con queste donne violate – ma non va oltre una risposta prevedibile: venite da noi ad abortire.

È del 15 aprile la dichiarazione di Riccardo Magi e Ilaria Donatio, esponenti di +Europa (il primo anche di Radicali Italiani) che hanno rivolto «un appello e un invito» alle donne ucraine stuprate in guerra che, scoprendosi gravide, vogliano abortire, perché «vengano qui in Italia per poter accedere al Servizio sanitario nazionale per interrompere una gravidanza non desiderata». Di tenore analogo il tweet di Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato della Camera sui diritti umani nel mondo, che parla di «vittime due volte: dello stupro e della legge in Polonia che vieta l’aborto», allusione al Paese che per la gran parte dei profughi è il primo riparo. «Le donne ucraine fuggite dalla guerra dopo aver subito abusi sessuali – aggiunge l’ex presidente della Camera – vivono un nuovo incubo, in un Paese che nega loro il diritto di decidere del proprio corpo. L’Ue intervenga immediatamente». Ma esiste già un fenomeno di donne ucraine che attendono un figlio frutto dello stupro di guerra? Chi offre l’aiuto italiano per abortire e denuncia il proibizionismo polacco (in realtà la legge di Varsavia vieta l’aborto selettivo) non lo dice, perché ancora nessuno è in grado di documentarlo. Dunque, di cosa si sta parlando?

Ma forse la domanda da porsi davanti a queste esternazioni è un’altra: è questa la sola risposta che l’Italia può offrire a donne che si trovino in questa drammatica situazione? «Lo stupro di guerra è un abominio – mette in chiaro Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita italiano – e certo nessuno volterà le spalle a chi decide per l’aborto. Ma la prima scelta verso queste donne è di accogliere tutta la loro sofferenza, mettersi al loro fianco, aiutarle in ogni modo a elaborare il male subìto. Il soccorso che si presta prescinde dalla scelta delle donne, ed è ispirato da una sola priorità: di cosa hanno bisogno prima di tutto. Potremmo scoprire insieme a loro che accogliere una nuova vita è il modo per sbaragliare una violenza che sa di morte». «Vorrei che sapessero che in Italia c’è anche chi le sostiene qualunque scelta vogliano fare, comunque difficile – aggiunge Giovanni Paolo Ramonda, presidente dell’Associazione Papa Giovanni –. C’è il massimo rispetto per la coscienza e la libertà, proprio per questo l’aborto non può essere considerato l’unica soluzione possibile. La legge italiana dà la possibilità di partorire in anonimato aprendo al figlio la via dell’adozione. La logica della violenza non si spezza negando la vita».